La Nuova Sardegna

Cannonau, il gioiello sardo che non sappiamo promuovere

di Pasquale Porcu

02 marzo 2017
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Diciotto d'oro, ventuno d'argento, quattro di bronzo. In tutto quarataquattro medaglie. Sono quelle che la Sardegna ha vinto alla quinta edizione dei "Grenaches du Monde", la manifestazione internazionale più prestigiosa riservata ai Cannonau. O se preferite, Grenaches o Garnachas a seconda che decliniamo il nome in francese o in spagnolo. 44 medaglie, circa una dozzina di meno di quelle che ha vinto la Francia che ha messo in campo il meglio della sua produzione proveniente dai suoi circa novantamila ettari coltivati a Grenaches. E ora che cosa vuole fare l'Isola di quel prestigioso riconoscimento? Chiunque si aspetterebbe che le vendite del rosso sardo più importante abbiano avuto una exploit sia nell'isola che nell'export. E invece, no.

Anche perchè, perfino in Sardegna pochi conoscono i vini "medagliati". E passi per il Rosato di Sella&Mosca che è appena arrivato in commercio. Ma quanti conoscono, giusto per citare qualche bottiglia che vinto l'oro, l'Argei 2015 , il Dicciosu delle Cabnine Lilliu, il Fudora della Società agricola Pranu Tuvara, l'Hortos di Dorgali, il Neale di Orgosolo, il Noah di Monserrato, il Senes di Argiolas o il Tenute Delogu du Alghero? Eppure hanno tutti avuto la medaglia d'oro. Esattamente come il Vasca 50 di Meloni, il Vignaruja di Mogoro e il Vigna Rada di Alghero. E non meno preziose le bottiglie che hanno avuto l'argento e il bronzo,

Ma a chi spetta il compito di promuovere i vini isolani? E' logico, di fronte a una tale pioggia di medaglie, attendersi una grande campagna pubblicitaria che segnali ai consumatori i migliori vini presenti sul mercato. Già, ma a chi spetta un tale compito? Certamente ai singoli produttori, ma non solo a loro se la promozione deve essere davvero efficace. Qui, insomma, c'è in ballo non il buon nome di una cantina ma tutto un sistema che ha avuto l'apprezzamento convinto della più attenta critica enologia internazionale. Al concorso appena svoltosi ad Alghero abbiamo visto e assaggiato vini sardi prezzati pochi euro accanto a bottiglie che sul mercato costano 120 e 130 euro l'uno. Eppure i nostri prodotti non solo non sfiguravano ma si fregiavano di medaglie d'oro, d'argento e di bronzo.

E allora quale lezione deve trarre la Sardegna dalla quinta edizione dei Grenaches du Monde? La risposta è banale: trasformare quelle medaglie in opportunità di sviluppo economico non solo per l'enologia sarda ma per l'agricoltura e il turismo dell'isola. Ripercorrendo la strada che a suo tempo hanno fatto in Piemonte, in Toscana e in Sicilia. E più recentemente in Spagna e in Portogallo. Occorre produrre sempre meglio e sempre di più. Non possiamo continuare, come Sardegna, a rappresentare solo l'1% della produzione nazionale di vino. Basta con le stupide guerre di campanile, occorre unire le forze per combattere una battaglia unica. Senza rinunciare a valorizzare le differenze e le specificità. Come succede a Mamoiada dove le cantine hanno capito che la battaglia per una qualità migliore non può e non deve impedire la coesione tra i produttori. Solo così si promuove il territorio oltre al vino e grazie al vino. Ma occorre anche aumentare le produzioni e organizzarsi per arrivare sui mercati con un messaggio forte: quello della Sardegna terra delle eccellenze enologiche, agroalimentari e ambientali. Il nuovo assessore regionale all'agricoltura e quello al turismo devono lavorare in sinergia per creare una rete forte di operatori che aggrediscano i mercati più ricchi con professionalità e competenza. Nei quali non basta più presentarsi con i gruppi folk, le launeddas e il Cannonau nelle taniche di plastica. Occorre programmare azioni mirate affidate a manager poliglotti capaci entrare nei network del mangiarbene e di quel turismo ricco che viene in Sardegna con lo stesso spirito e capacità di spesa che esprime nelle Langhe, a Montalcino e in Borgogna.

Insomma, Sardegna svegliati!

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