La Nuova Sardegna

Nule, trovati frammenti di ossa: si pensa a Masala, ma è un falso allarme

di Nadia Cossu
Nule, trovati frammenti di ossa: si pensa a Masala, ma è un falso allarme

Il medico legale gela le speranze di tutti: le ossa rinvenute non sono umane. Continuano le ricerche

01 marzo 2017
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NULE. Per alcune ore quei frammenti di ossa recuperati nelle campagne di Nule hanno fatto sperare che si trattasse dei resti di Stefano Masala. Ma nel tardo pomeriggio il responso del medico legale Vindice Mingioni ha spento le illusioni e forse placato anche qualche timore: «Le ossa ritrovate non appartengono a un essere umano».

È stata una mattinata molto intensa quella di martedì 28 febbraio nella zona di Sos Chessarzos, fitta vegetazione e anfratti rocciosi intorno al paese da dove il 7 maggio del 2015 è scomparso Stefano. Un giallo sfociato in un’inchiesta per omicidio che ha portato in carcere i due giovani cugini Paolo Pinna (di Nule) e Alberto Cubeddu (di Ozieri). Sono accusati di aver ucciso Masala e di aver poi “distrutto” il cadavere. Ma la magistratura li ritiene responsabili anche dell’omicidio dello studente di Orune Gianluca Monni, avvenuto il giorno dopo la sparizione di Stefano. Da allora la famiglia non ha mai smesso di cercarlo e di chiedere agli inquirenti un aiuto per riportarlo a casa.

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Martedì mattina nei boschi intorno al paese – ci si addentra attraverso la strada di penetrazione di “Su ponte” nel territorio tra Nule e Pattada – c’era un dispiegamento di carabinieri, compresi i cacciatori di Sardegna. Da tempo pare avessero individuato la zona in questione tra quelle dove è più alta la probabilità di ritrovare Masala. Per la conformazione, per la difficoltà a raggiungerla. E quando durante la lunga perlustrazione gli inquirenti hanno trovato delle ossa, comprensibilmente è scattato l’allarme e sono stati chiesti rinforzi: i militari del nucleo investigazioni scientifiche e il medico legale.

Il riserbo sull’attività è stato massimo, i frammenti sono stati prelevati e trasportati nell’istituto di medicina legale per le analisi di rito. Non si trattava infatti di ossa riconducibili a un teschio o comunque di chiara provenienza umana, per cui è stato necessario sottoporle a un accurato esame. Di pomeriggio il risultato della perizia del medico Mingioni: non sono di Stefano Masala.

Potrebbero dunque essere i resti di qualche animale, una possibilità che chiaramente gli investigatori avevano da subito preso in considerazione. Così come, d’altra parte, avevano valutato che potesse anche trattarsi del giovane di Nule.

L’attività di ricerca non si ferma, a maggior ragione in queste settimane in cui si attende l’arrivo dei cani da Bologna. Le operazioni in tutti questi mesi sono andate avanti anche in forma privata, battute realizzate su iniziativa di amici e parenti di Stefano perché, come aveva detto più di una volta il padre Marco, «non smetteremo un solo giorno di cercarlo». È la promessa fatta a sua moglie Carmela sul letto di morte ma è anche l’unico modo per trovare un po’ di pace dopo quasi due anni di tormento e dolore.

L’ultima imponente attività di ricerca risale allo scorso dicembre. Ma in quell’occasione nulla di interessante era stato ritrovato nell’invaso di “Sos Canales”, nel territorio di Buddusò. Quello era uno specchio d’acqua circondato interamente da boschi e caratterizzato dalla presenza di una diga alta circa 50 metri. Nel periodo in cui era scomparso Stefano – a maggio del 2015 – c’era tanta acqua, oggi invece il lago è perlopiù in secca. E nelle poche zone d’acqua rimaste si erano concentrate le ricerche del giovane, in un punto considerato evidentemente “strategico” perché facilmente raggiungibile da Nule, in una zona di passaggio sulla Orune-Bitti-Buddusò-Ozieri. Un posto ideale, secondo gli inquirenti, per chi avesse voluto sbarazzarsi di un corpo.

Allora aveva partecipato alle operazioni anche il reparto sommozzatori dei carabinieri, arrivato da Cagliari, ed erano presenti, su autorizzazione del magistrato, anche Marco Masala, padre dello scomparso, e l’altro figlio Giuseppe.

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