La Nuova Sardegna

Scanu: Stato immobile sulle vittime dell’uranio

Scanu: Stato immobile sulle vittime dell’uranio

Il presidente della Commissione: legge di riforma ferma da oltre sei mesi

05 febbraio 2017
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SASSARI. Morti di burocrazia. L’indifferenza dello Stato continua a fare vittime tra i militari. Non ha dubbi il presidente della commissione di inchiesta sull’uranio impoverito Gian Piero Scanu. Il parlamentare del Pd, dopo la morte del colonnello Claudio Caboni, lancia l’accusa a uno Stato immobile. «Il colonnello muore senza essere neppure riuscito a farsi riconoscere la malattia che lo ha ucciso come dipendente da causa di servizio», dice Scanu.

Legge al rallentatore. Il presidente della Commissione punta il dito contro l’immobilismo di Stato. La legge che la sua commissione ha presentato al ministro della Difesa Roberta Pinotti a giugno del 2016, depositata alla Camera e sottoscritta da 170 deputati. Da allora giace dimenticata, in attesa di essere approvata. La legge prevede la riforma del riconoscimento delle patologie per i militari. Non solo uranio impoverito, ma tutte le patologie che possono cogliere i soldati. Fino a oggi tutto è lasciato nelle mani dei militari. È una commissione interna a decidere. La legge rivoluziona tutto. Prevede che sia Inail a occuparsi dei lavoratori con le stellette. In questo modo tutto diventerebbe più rapido e oggettivo. I casi simili a quelli del colonnello Claudio Caboni, morto qualche giorno fa ad Alghero per la Sindrome dei Balcani, senza che il suo status venisse riconosciuto, diventerebbero un ricordo. «La nostra Commissione ha elaborato tutto il materiale raccolto nei primi sei mesi di attività e lo ha trasformato in una proposta di legge che ha illustrato nei suoi contenuti e nelle sue finalità al ministro della Difesa prima di depositarlo alla Camera – spiega Scanu –. È sufficiente leggere il resoconto di quella seduta, per rendersi conto di come la posizione della ministra sia stata di rispettoso consenso per il lavoro della commissione. Depositata alla Camera il 23 giugno 2016 è stata assegnata alle Commissioni Lavoro e Sanità, ma inspiegabilmente ancora non si riesce a iniziare la discussione. Tutti sono d'accordo, è stata votata all’unanimità, con un solo voto contrario, dalla commissione d'inchiesta e sottoscritta da 170 deputati di tutti i gruppi. Perché non viene discussa? C'è qualcuno che dietro le quinte frena per lasciare le cose come stanno, mentre le persone continuano a morire e lo Stato non fa il suo dovere fino in fondo?».

Il nodo. Scanu spiega anche come si è arrivati allo stallo. «Abbiamo iniziato i lavori della commissione, per la quarta legislatura, con il preciso obiettivo che dovesse essere l'ultima – afferma –. Abbiamo lavorato con serietà senza risparmiare nessun aspetto di questa tragica vicenda che continua a fare vittime innocenti. L'uranio impoverito è solo uno dei fattori dell’emergenza con cui ci siamo accorti di dover fare i conti: la sicurezza sul lavoro. Ma anche il diritto alla salute e alla salubrità dell'ambiente. Diritti garantiti dalla Costituzione, ma prigionieri nella realtà del mondo militare, di un regime di giurisdizione domestica che non riesce a tutelare i soldati. Abbiamo sottoposto a scrupolose verifiche i documenti di Valutazione del rischio che i comandanti, nella loro qualità di datori di lavoro, debbono redigere. Li abbiamo ascoltati, con i poteri della magistratura, insieme ai medici e ai responsabili del servizio di sicurezza e prevenzione. Abbiamo toccato con mano che il regime domestico non riesce a garantire al meglio salute e sicurezza. Troppo spesso il controllore si trova ad agire in una situazione di dipendenza gerarchica dal controllato».

Le servitù. L’ultimo affondo è contro le servitù militari. «Non cambio idea – conclude Scanu –. Resta valida la proposta che portiamo avanti da tempo. La chiusura di Capo Frasca e di Teulada e la riconversione di Quirra in un centro di ricerca. La Sardegna è il primo e maggiore contribuente di quello che resta comunque un bene comune, come possiamo tollerare che se ne faccia un uso sconsiderato e irresponsabile? Non trovo altri termini per descrivere quanto è accaduto alla penisola Delta di Capo Teulada ritenuta dai militari come "interdetta", preclusa a qualunque forma vivente dopo che per decenni è stata bombardata con ogni tipo di arma». (l.roj)

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