La Nuova Sardegna

Nuove ombre sulla tragedia della Moby Prince, si segue la pista della bomba

di Claudio Zoccheddu
Nuove ombre sulla tragedia della Moby Prince, si segue la pista della bomba

Riprende vigore l’ipotesi di un’esplosione sul traghetto diretto a Olbia. La commissione d’inchiesta non conferma: «Analisi ancora in corso»

15 gennaio 2017
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SASSARI. L’ipotesi è agghiacciante: l’incendio sulla Moby Prince potrebbe essere stato causato da una bomba. Dietro il disastro del 10 aprile del 1991, che causò la morte di 140 persone, 65 membri dell’equipaggio e 75 passeggeri, potrebbe esserci dunque la detonazione di un ordigno sistemato nel locale del motore delle eliche di manovra, a prua. Un’idea che era già stata avanzata nelle fasi immediatamente successive alla tragedia e che, pochi mesi fa, era stata rafforzata dalle rivelazioni dell’ex ministro degli interni Vincenzo Scotti che, interrogato dalla commissione parlamentare presieduta dal senatore Silvio Lai, aveva mostrato una comunicazione inviata dal Dipartimento della pubblica sicurezza, datata 22 gennaio 1992 e timbrata come riservata.

Un documento in cui si confermava che, dopo le prime indagini effettuate sul relitto della Moby Prince, erano state rinvenute tracce di esplosivo. Nel dettaglio, si trattava di tritolo e nitrato di ammonio che erano stati ritrovati nella sala motori della nave. Nonostante l’idea che il disastro potesse essere stato causato da una bomba, e nonostante l’esperto di esplosivi della polizia scientifica Alessandro Massari avesse addirittura rilevato molecole riferibili a esplosivi militari e civili, gli specialisti a cui si rivolse la marina mercantile decisero che l’esplosione fu causata dai gas generati dall’incendio del petrolio finito sulla Moby Prince dopo la collisione con la petroliera Agip Abruzzo.

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La commissione. La notizia della clamorosa svolta nelle indagini su quello che viene ricordato come il peggiore disastro navale della marina mercantile italiana del dopoguerra arriva da La Verità, il giornale diretto da Maurizio Belpietro, ma non ha scalfito il muro di gomma che protegge le indagini condotte dalla commissione d’inchiesta del Senato che indaga sulla tragedia della Moby Prince: «Non possiamo confermare nulla – dice il presidente, Silvio Lai – probabilmente questa è un’indiscrezione venuta fuori troppo presto. Qualcuno ha lanciato il cuore oltre l’ostacolo perché gli incaricati delle consulenze non hanno ancora finito il loro lavoro».

Certi dettagli, quindi, possono diventare fatti solo dopo aver ottenuto il conforto delle rilevazioni, attese per febbraio. Al momento, quindi, mancherebbero le prove in grado di dimostrare che dietro l’impatto tra le due navi non c’era un errore umano ma l’esplosione di una bomba. Tuttavia, il pensiero che a 26 anni dalla tragedia possa ritornare a galla un’ipotesi accantonata come semplice combinazione di eventi, restituisce la voce a chi ha sempre descritto le indagini successive al disastro come uno scandaloso labirinto di bugie e depistaggi culminato con l’assoluzione degli indagati nel primo processo e con l’archiviazione nel secondo, aperto nel 2006 dopo le pressioni dei parenti delle vittime sulla procura della Repubblica di Livorno.

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Il disastro. La nuova pista potrebbe però rendere giustizia a chi attende di capire cosa possa essere successo durante la notte del 10 aprile del 1991, quando a bordo di un traghetto diretto a Olbia persero la vita anche 30 sardi, insieme agli altri 110 imbarcati. Dall’inferno della Moby si salvò solo il mozzo, Alessio Bertrand, che si era gettato in mare e che, quando era stato ripescato da una delle imbarcazioni dei soccorritori, riferì che a bordo del traghetto c’erano ancora tanti passeggeri in vita. I soccorsi, però, non arrivarono mai e la Moby venne consumata dalla fiamme mentre due rimorchiatori incrociavano a ridosso del traghetto in attesa di ordini.

La versione ufficiale racconta di una collisione con la Agip Abruzzo, causata dall’errato posizionamento della petroliera che era alla fonda e da un fittissimo banco di nebbia – peraltro scomparso poco dopo – che avvolgeva la rada del porto di Livorno proprio quando la Moby Prince aveva puntato la prua verso Olbia. Dopo lo scontro, il traghetto venne ricoperto dal petrolio che fuoriusciva dalle cisterne della Agip Abruzzo che si incendiò e bruciò per tutta la notte, a sole tre miglia nautiche dal porto di Livorno.

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