La Nuova Sardegna

Bianca Pitzorno: troppe differenze tra paesi e città

di Alessandro Pirina
Bianca Pitzorno: troppe differenze tra paesi e città

La scrittrice sassarese: chi vive nelle piccole realtà è penalizzato dai trasporti pubblici inadeguati

26 novembre 2016
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SASSARI. Tutta colpa dei trasporti pubblici inadeguati. Bianca Pitzorno assolve la scuola sarda. Per la scrittrice sassarese, autrice di molti libri per ragazzi, la classifica redatta da Save the children non deve essere interpretata come una bocciatura dell’istruzione nell’isola. «Non metto sotto accusa la scuola – dice dalla sua casa di Milano, dove vive ormai dal 1968 –. Io credo sia più un problema di mobilità. Non conosco nei dettagli l’inchiesta, ma vorrei vedere le differenze dei numeri tra grandi città e piccoli centri. In Sardegna non esiste una rete di trasporti pubblici che funziona bene, spostarsi è sempre più difficile. Chi vive lontano dai centri maggiori, magari proprio per questa difficoltà di movimento, potrebbe decidere di abbandonare gli studi. Una scelta dettata anche dal momento storico che stiamo vivendo». Per la Pitzorno, infatti, le enormi difficoltà nella ricerca del lavoro scoraggiano i giovani. «La mia generazione, quella dei miei genitori, aveva fatto enormi sacrifici per fare studiare i propri figli – racconta –. Le madri facevano le domestiche nelle città pur di vedere i loro ragazzi diplomati o laureati. Nel dopoguerra c’era una grande mobilità sociale. Oggi purtroppo non è più così, perché di questi tempi con o senza laurea il lavoro non si trova. E molti giovani preferiscono lasciare gli studi con largo anticipo. La qualità della scuola sarda, in questa classifica, c’entra poco. Non mi risulta che l’istruzione nell’isola sia peggiore di quella di altre regioni d’Italia. Le classifiche come questa non vanno prese alla lettera, la vita reale non è sempre quella che viene fuori da queste inchieste».

Ma non è solo il rapporto tra giovani e scuola a essere stato messo a fuoco da Save the children. Dall’indagine emerge infatti che nell’isola i bambini frequentino poco o nulla teatri, musei e gallerie d’arte. «Anche in questo caso bisogna fare una distinzione tra grandi e piccoli centri – dice ancora la scrittrice –. Perché a fare la differenza sono i trasporti. Già la Sardegna non è piena di musei, figurarsi se si vive in un luogo con collegamenti quasi inesistenti. Magari uno riesce pure ad arrivare al museo e o a teatro ma poi non trova il mezzo per rientrare a casa. Il problema è sempre lo stesso». L’isola, dunque, prima per abbandono scolastico, ma anche in coda nella graduatoria su arte e cultura. E il dato è sconfortante anche sul tempo pieno a scuola: a garantirlo è appena una scuola su tre. «È uno strumento prezioso per le madri che lavorano perché permette di lasciare i figli in una zona protetta. Io sono del parere che l’orario scolastico debba coincidere con l’orario di lavoro dei genitori». E i compiti a casa? «Niente fino a una certa età, dopo la terza media qualche esercitazione in solitudine. Ma un’ora e non di più».

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