La Nuova Sardegna

Torpè e Posada sono ancora ostaggio della diga incompiuta

di Sergio Secci
Torpè e Posada sono ancora ostaggio della diga incompiuta

Una ferita che tarderà sicuramente a rimarginarsi nella mente di coloro che hanno vissuto in prima persona la terribile alluvione del 18 novembre 2013. Nella tarda serata di tre anni fa, a causa...

18 novembre 2016
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Una ferita che tarderà sicuramente a rimarginarsi nella mente di coloro che hanno vissuto in prima persona la terribile alluvione del 18 novembre 2013. Nella tarda serata di tre anni fa, a causa delle abbondanti piogge cadute a monte dell’invaso Maccheronis, le acque limacciose del rio Posada, superavano l’argine inondando l’abitato di Torpè e le campagne di Posada, Un incredibile massa d’acqua e fango superò di alcuni metri lo sbarramento artificiale riversandosi a valle e travolgendo tutto al suo passaggio. Decine e decine di abitazioni agricole, la parte più bassa dell’abitato di Torpè, aziende e ovili si ritrovarono allagate in pochi minuti, in alcuni casi, l’ondata di piena arrivò sino ai tetti e solo grazie all’utilizzo di canoe, barche di fortuna e gommoni, si riuscì ad evacuare le persone. Impossibile però evitare la morte della pensionata di Torpè Maria Frigiolini intrappolata all’interno della sua abitazione di Su Poiu mentre figlia, genero e nipote, riuscirono miracolosamente a raggiungere il tetto.

Qual è la situazione della diga 3 anni dopo? «Anche se alcune opere di mitigazione del rischio idraulico sono state realizzate in tempi brevi (argine destro) e ne sono state finanziate altre per risolvere i problemi derivanti dalla recente alluvione del 2015, per il nostro paese il clima di preoccupazione non è cessato – dice il sindaco di Torpè Omar Cabras –soprattutto per il pericolo derivante da un’opera incompiuta come la diga sul lago Maccheronis, che costantemente ci ricorda quanto l’incolumità delle persone sia legata ai lavori mai ultimati e ad una gestione non certo semplice che deve coniugare la sicurezza delle popolazioni che vivono a valle del bacino ed il fabbisogno idrico delle popolazioni stesse». A Torpè è diffuso il malcontento tra i cittadini e i titolari di attività produttive vittime dell’alluvione. «Prima di tutto per il ritardo nei risarcimenti – continua il sindaco – e poi per la concreta possibilità di non vedersi assegnato alcun risarcimento con i criteri introdotti per l’assegnazione dei contributi (tetto massimo del risarcimento 10mila euro), risarcimenti sotto forma di credito di imposta o di prestiti presso istituti di credito, a fronte di danni gravissimi».

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