La Nuova Sardegna

Amianto sardo, niente indennizzi

All’Eni di Pisticci pensioni maggiorate ma in Sardegna è impossibile ottenerle

15 novembre 2016
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CAGLIARI. L’Italia è strana e anche ingiusta. Ci sono lavoratori che dopo aver maneggiato l’amianto hanno ottenuto la loro pensione maggiorata, sono quelli dell’Eni di Pisticci, mentre agli 800 della polo industriale di Ottana lo stesso sacrosanto diritto è stato negato dall’Inail. Sono gli ex dipendenti Montefibre ed Enichem, anche loro hanno avuto a che fare con l’amianto per aver lavorato in stabilimenti molto simili a quello di Pisticci, ma finora non c’è stato nulla da fare. Fra i bocciati ci sono anche gli operai in mobilità dell’ex Rumianca di Macchiareddu, che si sono visti negare lo scivolo pensionistico riconosciuto in altri impianti, oppure chi ha lavorato in fabbriche sarde dove il micidiale amianto e le sue polveri erano dovunque. Contro questa diversità di trattamento, inspiegabile, s’è mossa da tempo un task force organizzata da Sel, Sinistra Italiana e dal Pd in Consiglio regionale e in Parlamento. A Cagliari, in questi giorni i consiglieri regionali Daniela Forma (Pd) e Daniele Cocco (Sel) hanno presentato un’interrogazione urgente al presidente della Regione, per sollecitare «pari diritti per i lavoratori sardi». A Roma, invece, è stato il deputato Michele Piras (Sinistra Italiana) a depositare due emendamenti alla prossima Legge di stabilità, con la richiesta di uno stanziamento intorno ai 300 milioni per la copertura finanziaria degli indennizzi finora negati. «Continuiamo a non capire – ha detto Piras – perché i benefici siano stati concessi a Pisticci e anche a Matera, ma non ai lavoratori di Ottana». Con l’appoggio degli altri parlamentari sardi, ora l’obiettivo è vincere questa battaglia. È fondamentale – come ha aggiunto Daniela Forma – sarà anche «la pressione della Regione sul Governo per ottenere quanto è dovuto». Emendamenti e interrogazione – secondo Sabina Contu, presidente regionale dell’Associazione ex esposti all’amianto – serviranno anche a far riaprire i termini per certificare l’esposizione all’amianto, con una platea potenziale di 55mila lavoratori». La Regione – ha detto Daniela Forma – deve farsi portavoce di questa discriminazione, della protesta di operai, vedove e figli. Sabina Contu ha aggiunto: «Mai parlato di’indennizzi, ma di tutela sanitaria e adeguamento delle pensioni». Fino alla conclusione di Salvatore Pinna della Cgil: «Basta con la cappa di silenzio. Questa è una lotta giusta, ma soprattutto un dovere che abbiamo verso la classe operaia».

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