La Nuova Sardegna

Sindacopoli

Confiscato il tesoro di Pinna congelati beni per 8 milioni

di Enrico Carta

ORISTANO. Il tesoro di Salvatore Pinna non c’è più. Da ieri otto milioni hanno preso una nuova direzione, abbandonando le pingui casse di colui che secondo la procura di Oristano è stato il faro dell’...

12 ottobre 2016
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ORISTANO. Il tesoro di Salvatore Pinna non c’è più. Da ieri otto milioni hanno preso una nuova direzione, abbandonando le pingui casse di colui che secondo la procura di Oristano è stato il faro dell’associazione a delinquere smantellata con l’inchiesta “La Squadra” poi ribattezzata “Sindacopoli”. L’ingegnere desulese, presunta mente ispiratrice della cricca che pilotava l’assegnazione di progetti e appalti pubblici in mezza Sardegna, ha perso la prima battaglia giudiziaria. Ne attende a breve di altrettanto ostiche, visto che il pubblico ministero Armando Mammone è a un passo dalla chiusura dell’inchiesta che ha coinvolto anche i consiglieri regionale di Forza Italia Antonello Peru e Angelo Stochino, tantissimi professionisti, funzionari o amministratori di piccoli Comuni ed enti locali sardi.

Dopo una serie di udienze, rinvii, integrazioni alla documentazione, conteggio dei beni, il collegio del tribunale composto dai giudici Silvia Palmas, Andrea Mereu ed Enrica Marson ha preso la sua decisione accogliendo quasi integralmente la richiesta della procura e dando il via libera alla confisca del tesoro.

Si va dai soldi depositati nei conti correnti personali e in quelli intestati al figlio Sebastian, ma ritenuti in effettivo controllo dello stesso Salvatore Pinna, per poi passare a quelli della società Essepi Engeneering che all’ingegnere faceva capo. Ma non finisce qui, perché gli uomini del Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Oristano – assieme ai Carabinieri della Compagnia di Tonara – sono impegnati anche nella confisca di terreni dall’altissimo valore immobiliare nella zona di Palau e della quota di leasing della palazzina cagliaritana ribattezzata “Torre arancione”, quartier generale degli affari non sempre leciti di Salvatore Pinna. Di fronte a una mole così elevata di beni passano quasi in secondo piano le confische delle auto di lusso e delle moto che, a loro volta, prendono strade diverse da quelle sinora battute.

Finiranno nelle casse dell’erario pubblico e serviranno, secondo quanto stabilisce la legge, per far riparare il danno creato con l’attività illecita. Questa è tutta da dimostrare e ovviamente si attende il processo, ma le due misure possono viaggiare separatamente e la confisca può precedere l’esito di un processo penale, perché fa parte di un gruppo di leggi che riguarda il controllo dei patrimoni sospetti ovvero che, a buon motivo, possono essere ritenuti come il frutto di un’attività criminale di un certo peso.

A Salvatore Pinna, difeso dagli avvocati Michele Schirò e Massimo Delogu, la procura oristanese contesta la formazione di un’associazione a delinquere che aveva come obiettivo principe quello di pilotare gli appalti e la progettazione pubblica. Il fiume di soldi finiva sempre nelle tasche di professionisti che avevano scelto di appartenere alla “Squadra”. Nel contempo, i politici riuscivano a strappare il consenso elettorale che permetteva loro di conservare poltrone e privilegi.

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