La Nuova Sardegna

L’Unione europea dice sì al marchio Igp per i “culurgionis”

di Paolo Merlini
L’Unione europea dice sì al marchio Igp per i “culurgionis”

Dopo 13 anni concluso l’iter avviato dal comitato promotore Le polemiche sull’uso della fecola al posto delle vere patate

30 settembre 2016
2 MINUTI DI LETTURA





LANUSEI. I culurgionis (non azzardatevi a chiamarli culurgiones se vi trovate in Ogliastra) da ieri possono fregiarsi del prestigioso marchio Igp (Indicazione geografica protetta), riconoscimento che l’Unione Europea assegna a prodotti alimentari d’eccellenza tipici di una determinata area geografica. Dopo l’Agnello di Sardegna, i Culurgionis d’Ogliastra sono il secondo prodotto dell’isola ad aver ottenuto il marchio, e il 119esimo nella lista delle Igp italiane. La notizia arriva, con comprensibili toni entusiastici, dal Comitato promotore insieme con Cna e Confartigianato, che segnalano la pubblicazione dell’avvenuta denominazione Culurgionis Ogliastra Igp nella gazzetta ufficiale dell’Unione Europea del 29 settembre 2016.

Per ottenere il marchio ci sono voluti 13 anni. Era il 2003 infatti quando il comitato promotore, costituito principalmente da produttori dei tipici ravioli con ripieno di formaggio e patate, lanciò la proposta. Fu l’inizio di un iter lungo e laborioso, durante il quale la proposta e il disciplinare dei ravioli ogliastrini (in una parola, la ricetta) dovettero passare prima al vaglio dei produttori e delle associazioni di categoria, poi della Regione, ancora del ministero delle Politiche agricole e infine, appunto, dell’Unione Europea. Un’altra fase che ha richiesto tempo ed energie ai promotori è stata l’individuazione dell’area geografica di produzione: i culurgionis sono ormai un prodotto facilmente reperibile in qualsiasi supermercato, per cui era giusto definire esattamente i confini in cui si producono quelli autentici. Confini che alla fine sono stati individuati nei 23 comuni dell’Ogliastra più tre del Sarcidano (Esterzili, Sadali ed Escalaplano).

Il problema è stato quando, nella stesura del disciplinare, è stata definita la voce ingredienti. Tra questi, infatti, oltre farina di grano duro e tenero, troviamo strutto, una miscela di formaggi, menta e/o basilico, aglio e/o cipolla. Le patate nel ripieno invece variano «dal 60% a 80% o, in alternativa,fiocchi di patate da 15 % a 45% nella percentuale di peso del ripieno». Apriti cielo: è stata proprio la “legalizzazione” dei fiocchi al posto delle patate vere e proprie a scatenare la resistenza dei puristi dei culurgionis, che hanno eretto autentiche barricate. Schierata duramente anche la Coldiretti, che aveva denunciato come i fiocchi provenissero dai maggiori produttori internazionali, quali Olanda, Germania e Polonia, e dunque il loro utilizzo snaturasse la stessa identità del prodotto.

Alla fine l’ha spuntata il fiocco, e chi lo sosteneva, come il presidente del comitato promotore Vito Arra, principale produttore dell’isola: «Non c’è niente di cui stupirsi, è comunque un prodotto genuino e gustoso come la ricetta originale. E i pastifici che dicono di usare vere patate vorrei andare a visitarli uno per uno: ho qualche dubbio che si comportino realmente così».

La classifica

Parlamentari “assenteisti”, nella top 15 ci sono i sardi Meloni, Licheri e Cappellacci

di Salvatore Santoni
Le nostre iniziative