La Nuova Sardegna

L'isola delle vacanze: pioggia di critiche sulla Sardegna nelle lettere dei turisti

di Claudio Zoccheddu
L'isola delle vacanze: pioggia di critiche sulla Sardegna nelle lettere dei turisti

Le lamentele: fermi agli anni Ottanta, poi manca il wi-fi e troppo spesso non è possibile usare la carta di credito

18 agosto 2016
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SASSARI. Sono due punti di vista simili nei contenuti ma molto diversi nello stile. Il primo racconta una storia turistica vissuta in prima persona, l’altro è un post acchiappa click scritto da un venditore professionista che, seppure sia condivisibile per certi aspetti, racconta la Sardegna del sentito dire – con toni pompati che strizzano l’occhio alla rete – ma che non riesce a prescindere dai soliti, fastidiosi, luoghi comuni.

Entrambe hanno comunque avuto il merito di porre l’accento su un tema di attualità, anche durante una stagione turistica particolarmente fortunata: l’assenza di servizi all’interno di un’offerta turistica al di sotto della sufficienza. La fenomenologia dell’inadeguatezza racconta dell’impossibilità di pagare con la carta di credito, o con il bancomat, della assenza delle reti wi-fi e della predisposizione, tutta italiana, di fare a modo proprio anche quando si utilizzano strumenti che facilitano il contatto con i clienti, come il portale Airbnb. Fregare il sistema, purtroppo, è ancora un titolo di merito.

Una settimana a Orosei. La racconta Franz Vitulli, giovane specialista di marketing che ha fatto il punto sui disservizi incontrati durante un soggiorno di appena sette giorni. La lista è imbarazzante. Si inizia con il proprietario dell’appartamento che si fa trovare su Airbnb ma che cerca di uscirne appena stabilito il contatto con l’inquilino “perché il sito aggiunge tasse”.

Poi c’è la quasi totale assenza di wi-fi, nelle case ma anche nei locali, che ormai non è più accettabile, nemmeno durante le vacanze. Infine, l’affezione al denaro contante: bandite carte di credito e, in alcuni casi, anche i bancomat. «A soggiornare in un paese della costa sarda – che non sia la Costa Smeralda – sembra di tornare indietro agli anni 80–90 del secolo scorso», conclude l’autore della lettera aperta inviata alla Sardegna.

Le reazioni. Il racconto di Franz Vitulli ha ottenuto un numero record di condivisioni e di repliche. D’altra parte, i disservizi che per i turisti durano il tempo di una vacanza, per i sardi sono la cronaca di una quotidianità che evidentemente è vissuta in modo diverso. Alcuni prendono per oro colato il racconto del turista in vena di consigli mentre altri lo rispediscono al mittente argomentando nelle maniere più disparate: c’è chi fa il paragone con le altre località turistiche del Mediterrano, livellando la discussione verso il basso, e chi invece invita il giovane e la sua famiglia a frequentare la Costa Smeralda. Purtroppo, però, la pochezza dei servizi offerti ai turisti è un dato di fatto proprio come la vocazione di alcuni territori che scommettono sul turismo ma che non investono per stare al passo con i tempi. Perché in fondo, l’ambiente è importante ma non è tutto. Perlomeno non nel 2016.

La Sardegna fa schifo. È il titolo della seconda lettera aperta, quella più colorita. L’autore è un venditore, Frank Merenda, che evidentemente non perde la sua attitudine nemmeno quando stacca dal lavoro. Il racconto segue la falsariga di quello precedente ma i toni, e l’abuso dei luoghi comuni, sono uno specchietto per le allodole virtuali che, considerata la diffusione delle parole di Merenda, ci sono cascate in pieno. Il succo del discorso è condivisibile: La Sardegna costa cara, non è un mistero, e offre poco. Il resto è un esercizio retorico denso di parole forti, scelte per dare un taglio pop e per ottenere consensi o critiche, che per alcuni sono la stessa cosa. D’altra parte, chi non ha mai sentito dire che “l’importante è che se ne parli”. Molti meno, invece, sanno che quella citazione è stata attribuita a Phineas Taylor Barnum, l’inventore del circo. Non esattamente uno statista, insomma. Nonostante i toni e i luoghi comuni figli di chi la Sardegna proprio non la conosce (lo stesso autore ammette di fare le vacanza in Brasile) anche Merenda ha stimolato il dibattito toccando alcuni nervi scoperti della ricettività isolana, talmente evidenti da entrare nel bagaglio di chi ancora parla di porceddu e storpia i nomi delle località e delle persone come facevano Aldo, Giovanni e Giacomo negli anni novanta. Merenda dice di aver scelto la Sardegna come campione per stigmatizzare i mali del turismo italiano in generale ma poi aggiunge che le bellezza dell’isola sono ovunque, nel resto d’Italia e nel Mediterraneo. Il miglior modo possibile per dimostrare che la scarsa conoscenza della materia non esclude la possibilità di focalizzare, magari per caso, i mali del turismo sardo.

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