La Nuova Sardegna

Nuova geografia delle diocesi

di Mario Girau
Nuova geografia delle diocesi

Si va verso un taglio, ma si cerca l’accordo per evitare decisioni calate dall’alto

17 agosto 2016
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SASSARI. Sarà delineato a Kiev il nuovo volto della Chiesa sarda. Nel capoluogo dell'Ucraina, dove dal 30 agosto al 2 settembre saranno ospiti del nunzio apostolico della Santa Sede, monsignor Claudio Gugerotti, i vescovi isolani avranno tutto il tempo per perfezionare la proposta da presentare sulla riorganizzazione. Entro la fine di questo mese tutte le conferenze episcopali regionali dovranno far per venire alla segreteria generale della Cei il parere sul progetto di riordino delle diocesi. Lo vuole il Papa. Bergoglio che - il 23 maggio 2013, nel primo incontro con l'episcopato italiano - parlò del «lavoro di ridurre il numero delle diocesi tanto pesanti». Quasi un ultimatum che sta per scadere. Delle attuali 226 almeno 90 sono di troppo. Se non subito, ma qualche sacrificio sarà chiesto anche alla Sardegna. Ogni ordinario diocesano spedirà nei prossimi giorni alla Santa Sede il quadro dettagliato della situazione: popolazione, percentuale dei battezzati sul totale dei residenti, numero ed età media dei sacerdoti e dei religiosi, seminaristi e loro proiezione numerica per i prossimi 5 anni.

«È urgente – dice monsignor Tonino Cabizzosu, parroco di Ardara e professore di Storia della chiesa nella pontificia facoltà teologica della Sardegna – il progetto di ristudiare i confini delle circoscrizioni ecclesiastiche isolane. La situazione attuale risale al 1503 e al 1803. La società sarda, in questi secoli, ha subito notevoli trasformazioni sociali, economiche. Anche la chiesa, grazie al concilio vaticano II, ha maturato un rinnovamento profondo. Di conseguenza deve tener conto di questi irreversibili processi storici e adeguarsi per essere idonea ad evangelizzare la società contemporanea». Difficile che i vescovi sardi mettano a punto una proposta con l'elenco delle diocesi da mantenere in vita, accorpare, modificare, sopprimere. Il loro rapporto con fedeli e clero è così diretto e affettivo che non se la sentono di diventare "tagliatori di chiese". Gli alti prelati sardi si affideranno al buon cuore dei monsignori vaticani, senza resistenze e barricate. Monsignor Giovanni Dettori, vescovo emerito di Ales-Terralba, due anni fa ha proposto una soluzione interna: ridurre i confini delle diocesi più grandi a favore di quelle più piccole. L'invito al sacrificio è rimasto senza risposta. Una cosa è certa: «Dieci diocesi - aggiunge Cabizzosu - rispetto al numero degli abitanti, sono troppe per la Sardegna: bisognerebbe snellire, unire, amalgamare, smembrare e rivedere i confini». Sicuramente la Conferenza episcopale sarda chiederà - se tagli dovranno esserci - una gradualità negli interventi romani. Cioè un adeguato periodo di preparazione e informazione delle comunità locali interessate, quindi unificazione delle diocesi nella persona del vescovo, la conservazione del titolo. La questione della riduzione è vecchia di 90 anni. Nel 1966 alla Cei Paolo VI chiese per le diocesi tre requisiti: «Un'estensione territoriale, una consistenza demografica e una dotazione di clero e di opere idonee a sostenere un'organizzazione diocesana funzionale, e a sviluppare una attività pastorale efficace e unitaria».

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