La Nuova Sardegna

Sos pastori: battaglia sul prezzo del latte, la protesta riparte da Thiesi

Claudio Zoccheddu
Sos pastori: battaglia sul prezzo del latte, la protesta riparte da Thiesi

Trecento manifestanti davanti all’azienda casearia dei Fratelli Pinna. Le magliette blu del movimento di Felice Floris agli imprenditori: "Sto a quello romeno, prendete solo quello sardo e pagatelo di più"

06 agosto 2016
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THIESI. Le magliette blu hanno perso un tono di colore. Ce ne sono alcune che tendono all’azzurro, altre al celeste. Sono anche questi i galloni guadagnati sul campo dopo due anni di lotta che si è fermata solo per un attimo. L’animo, invece, è lo stesso di sempre e i pastori l’hanno messo in mostra davanti all’azienda casearia dei fratelli Pinna, praticamente l’ombelico del mondo del formaggio ovino e uno degli obiettivi sensibili del piano d’azione dei pastori. «Siamo qua per iniziare un nuovo percorso. Cosa dobbiamo fare?», domanda Felice Floris mentre arringa i 300 pastori che hanno raccolto l’invito del movimento e si sono presentati a Thiesi, «dobbiamo ritornare a casa oppure abbiamo deciso di farci sentire?». La risposta è arrivata in coro. Un boato che significava solo una cosa: i pastori sono ritornati sul sentiero di guerra.

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Le ragioni. La protesta gravita attorno al prezzo del latte. Troppo pochi gli 80 centesimi al litro che, spesso, non sono nemmeno garantiti. Può capitare che il prezzo precipiti di 5, anche 10 centesimi. Cifre che non possono permettere la sopravvivenza di un settore produttivo a cui la Sardegna non può proprio rinunciare. I pastori lo hanno detto a Tramatza una settimana fa e lo hanno ribadito ieri, quando nella discussione sono entrati anche i temi dell’importazione del latte estero e quelli del mancato pagamento dei premi comunitari «sono fermi da più di un anno, non abbiamo visto un soldo», dicono i pastori. Un cocktail indigesto per una categoria che ha deciso i ritornare in piazza e di riscaldare la fine dell’estate con visite programmate al Consorzio del pecorino romano e all’assessorato all’Agricoltura di mamma Regione, come dicono i pastori.

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La protesta. «Con questi numeri, però, non andiamo da nessuna parte», dice Felice Floris, «Oggi non siamo tanti ma da domani si riparte. Iniziate dai vostri paesi, informate la gente, coinvolgete i sindaci perché diano una mano ai pastori». C’è poi un rapido passaparola che fende la folla: gli allevatori iniziano con un appello sommario. Arrivano le prime risposte: «Mancano i pastori del Goceano, solo pochi sono venuti qui», dicono alcuni. «Non va bene, dobbiamo essere uniti», rispondono gli altri. Nel frattempo, in piazza sono arrivati anche i ritardatari. L’assemblea inizia e il discorso tocca i punti focali: il prezzo del latte e la sovrapproduzione che fa rima con l’importazione del latte romeno. L’argomento che ha segnato una profonda spaccatura tra i pastori e l’azienda dei fratelli Pinna, che il latte romeno lo lavora.

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Attimi di tensione. La discussione entra nel vivo. I pastori si scaldano, le discussioni s’infiammano, qualcuno urla e l’agitazione convince carabinieri e polizia ad avvicinarsi alla folla. C’è da decidere se accettare l’incontro con i Pinna oppure se levare le tende ma la decisione non è immediata. Felice Floris spinge per sciogliere l’assemblea: «Abbiamo fatto il nostro, non dobbiamo offrire visibilità a chi si è arricchito con il nostro sudore. Lasciate perdere». L’appello viene raccolto solo in parte. La folla si divide, c’è chi segue Floris e chi invece muore dalla voglia di fare qualche domanda. I pastori formano una delegazione e salgono gli scalini che conducono verso l’entrata dell’azienda. I fratelli Pinna, d’altra parte, si erano detti disponibili a incontrarne una delegazione ma la giornata non ha un programma definito e tutto è in evoluzione. Alla fine si decide per una soluzione a metà. I Pinna incontreranno i pastori e risponderanno alle loro domande protetti da un cordone di polizia e carabineri che blocca l’ingresso all’azienda. Sono solo precauzioni perché l’atmosfera è già più distesa. I pastori ci sono abituati e ci scherzano sopra, i Pinna un po’ meno ma nel giro di qualche minuto il confronto è pronto a entrare nel vivo.

Faccia a faccia. Sulla strada sono rimasti un centinaio di pastori. Ci sono anche donne e bambini, segno che gli animi sono caldi ma non il tanto che possa giustificare un presidio così robusto delle forze dell’ordine. Ma sulla sicurezza, soprattutto di questi tempi, nessuno ha voglia di scherzare. Carabinieri e polizia rimangono al loro posto mentre la delegazione del caseificio si presenta ai contestatori. In prima fila Andrea Pinna e il cugino Pierluigi Pinna, dietro tutti gli altri. Partono i primi fischi, volano le accuse e si sente anche qualche insulto. Ma è un fuoco di paglia e la piazza si raffredda. Il movimento, perlomeno la parte che ha deciso di restare, ha solo voglia di ottenere risposte alle domande che frullano in testa da mesi, dopo che si era diffusa la notizia dell’importazione del latte romeno.

I Pinna rispondono, domanda dopo domanda: «Latte romeno? Già, ma viene lavorato tutto in Romania per poi essere trasformato in formaggio da grattugia. Su un totale di tre milioni di litri di latte due sono stati venduti in Bulgaria – spiega Andrea Pinna – quel formaggio che invece è arrivato in Sardegna è stato smistato sul mercato internazionale: un pallet in America, uno in Belgio, un altro in Grecia». La folla non si accontenta e insiste: «Sì, ma con quale marchio?». La risposta arriva immediata: «Con quello romeno, le notizie che raccontavano altro sono state smentite». La pace è ancora lontana ma il dialogo ha avuto il potere di distendere gli animi e di allargare le maglie delle forze dell’ordine. La guerra dei pastori, però, è appena all’inizio.

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