La Nuova Sardegna

Un sequestro anomalo avvolto nel mistero

di Roberto Petretto
Un sequestro anomalo avvolto nel mistero

L’imprenditrice di Abbasanta scomparve nel maggio del 1995 e non è mai tornata a casa

16 luglio 2016
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ABBASANTA. Era il mese di maggio del 1995. L’azienda di Vanna Licheri si trovava qualche chilometro fuori dal paese. Intorno alle 5 del mattino del 14 l’imprenditrice agricola di Abbasanta arrivò, come faceva tutte le mattine, nella zona di “Serra Menta”, parcheggiò l’auto e scese, ma subito dopo venne immobilizzata dai banditi che già avevano legato il servo pastore, Giovanni Dessì, un ragazzo che all’epoca aveva 25 anni.

L’ostaggio venne caricato su una Lancia Thema, nascosta vicino all’azienda. Poi la fuga, verso il Nuorese. All’altezza di Ottana all’auto esplose uno pneumatico e così i banditi (almeno quattro, secondo gli inquirenti) entrarono in un ovile, malmenarono il pastore, Gesuino Enne, e gli rubarono la Fiat Ritmo con la quale proseguirono la fuga, facendo perdere le proprie tracce.

Nel frattempo il servo pastore era riuscito a raggiungere la casupola di un altro pastore, Antonio Manca, che lo aiutò a liberarsi dal fil di ferro con cui i banditi lo avevano legato e diede l’allarme. Molti anni dopo, la figlia di Vanna Licheri, Paola Leone, ricordò così quella circostanza: «Lo squillo del telefono aveva rotto il silenzio della notte o comunque era mattina, ma molto presto. Mio fratello mi disse: mamma è stata portata via. Io non capii. E lui allora: è stata sequestrata. Sequestrata, capisci?»

Un sequestro anomalo, venne considerato in un primo momento. La famiglia di Vanna Licheri non era particolarmente benestante. Mamma e nonna di 68 anni, aveva un’azienda dove ogni mattina si recava per dare una mano nella mungitura delle pecore, nella lavorazione del formaggio. Il marito, Gino Leone, all’epoca dei fatti 76enne (morto qualche anno fa) era un ex dipendente dell’Ersat in pensione. Quattro figli: Antonello e Franco, agenti di commercio, Paola e Luisa, insegnanti. Una famiglia normale o poco più. Ma erano giorni terribili per la Sardegna in balìa dei sequestri di persona. Da mesi, nelle mani dell’anonima, c’era l’imprenditore di Macomer, Giuseppe Vinci. Qualche giorno dopo il sequestro di Vanna Licheri i banditi portarono via Ferruccio Checchi. L’unica che non tornò mai a casa fu però proprio la donna di Abbasanta. Morì durante la prigionia.

Per quel sequestro, sino a ieri, in carcere c’erano due persone: Giovanni Gaddone, di Loculi, e Pietro Paolo Melis, di Mamoiada, condannati entrambi a 30 anni di reclusione in due distinti processi. Da ieri Pietro Paolo Melis, in cella da 18 anni, è un uomo libero. In un primo momento come responsabile del sequestro venne identificato solo Giovanni Gaddone: Pietro Paolo Melis entrò in scena in una seconda fase, perché identificato come l’interlocutore di Gaddone in un’intercettazione ambientale effettuata in un bar di Nuoro il 28 settembre del 1995 che, secondo l’accusa e secondo le prime due sentenze, serviva a definire il prezzo del riscatto per Vanna Licheri.

Ora l’ultima sentenza, dopo la revisione del processo d’appello, dice che la voce dell’interlocutore di Gaddone non era quella di Melis. Che, dopo 18 anni di carcere, torna il libertà.

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