La Nuova Sardegna

A Budoni francesi in festa, poi l’incubo

di Dario Budroni
A Budoni francesi in festa, poi l’incubo

Nei resort si celebrava il 14 luglio. Maitre di Cabras sul luogo del dramma: ci siamo chiusi in ristorante

16 luglio 2016
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BUDONI. Il silenzio è quasi surreale. Si guardano tra loro, si scambiano notizie, scorrono titoli e immagini sullo schermo dei telefoni. Nessuna voglia di scherzare. Solo dolore e preoccupazione, sentimenti tipici di chi si sente costantemente sotto tiro. Sono i francesi che passano le vacanze nella zona balneare racchiusa tra Budoni e San Teodoro. Sono migliaia. Qui ci sono intere strutture, tra resort e hotel, frequentate quasi esclusivamente da turisti transalpini. Giovedì avevano anche festeggiato il 14 luglio, il giorno della presa della Bastiglia, tra raffinatissimi buffet e animazione in francese. Poi la notizia della strage di Nizza, che ha tolto sorriso e spensieratezza a tutti.

Festa di angoscia. Da anni la zona di Budoni, soprattutto tra Agrustos e Porto Ottiolu, è una specie di enclave francese. Lo Studio vacanze, proprietario di numerose strutture, ha infatti stretto importanti accordi con tour operator francesi e ha conquistato grosse fette di mercato d'oltralpe. Così qui l'offerta di residence, resort e hotel è interamente cucita addosso ai francesi. Giovedì è stata organizzata la festa del 14 luglio. Nelle strutture turistiche sono stati allestiti mega buffet, con tanto di sculture di cibo, bandiere tricolori e Tour Eiffel di frutta e margarina. Ma di sera, durante il rientro in stanza, le immagini dei morti ammazzati sono arrivate nella costa di Budoni, facendo piombare i turisti nell'angoscia. «Ce l'hanno con noi» ripetevano tra loro. Apprensione e agitazione che hanno condizionato anche la giornata di ieri. Molti turisti hanno terminato la settimana di vacanza e lasciato l'isola, altrettanti ne sono arrivati a bordo dei pullman: una operazione solitamente caotica, stavolta condotta in religioso silenzio.

Intrecci di terrore. Ma il dramma di Nizza non ha gettato nello sconforto solo i francesi. In una delle strutture di Agrustos lavora Ivo Lochi, cameriere, 56 anni di Cabras. Lui ha passato tutta la notte ad attendere notizie di suo figlio Marco, che fa il direttore di sala in un ristorante di Nizza, a poche centinaia di metri dal luogo della strage. «Ho staccato all'una, avevo appena finito di sistemare la sala dopo la festa del 14 luglio – racconta Ivo Lochi –. Ho saputo della strage quando sono tornato in camera. Ho passato ore di vero terrore, ho anche chiamato la Farnesina».

Il ristoratore di Cabras. Il figlio Marco, 28 anni, padre di un bimbo, per fortuna stava bene. Ma ha vissuto momenti che non dimenticherà mai. «Il terrorismo ci perseguita – racconta al telefono –. Prima abitavamo a Parigi e ho vissuto Charlie Hebdo e Bataclan, a settembre mi sono trasferito con la mia compagna a Nizza e ora dobbiamo nuovamente vivere certi drammi». Il giovane ripercorre gli attimi post attentato. «I clienti erano quasi tutti usciti per vedere i fuochi d'artificio. Poi, dopo le 22.30, ho visto tantissima gente correre. Ho fatto entrare una ventina di persone nel ristorante, ma non capivamo cosa fosse successo. Si parlava di petardi, di sparatorie, nessuno sapeva nulla. Poi abbiamo capito». Marco ha chiamato la polizia. «Mi hanno detto di spegnere le luci e di chiuderci nel ristorante. Vedevamo i laser dei fucili dei cecchini puntati sui palazzi. Sono tornato a casa solo a notte fonda. La polizia ci faceva avanzare con le mani alzate».

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