La Nuova Sardegna

LA REGIONE»QUALITÀ E PROMOZIONE

di Claudio Zoccheddu

SASSARI. Sono pochi. Forse troppo pochi. Quando si parla di marchi a denominazione d’origine protetta viene naturale domandarsi perché siano appena sette a fronte di una produzione enogastronomica...

19 giugno 2016
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SASSARI. Sono pochi. Forse troppo pochi. Quando si parla di marchi a denominazione d’origine protetta viene naturale domandarsi perché siano appena sette a fronte di una produzione enogastronomica che ha fatto dell’isola una sorta di gigantesco ristorante stellato in grado di garantire menù e pietanze di qualità eccelsa e per tutti i gusti, dal mare alla terra senza mai perdere gli elevatissimi standard di genuinità tipici della cucina sarda.

«Le produzione riconosciute come Dop in Sardegna sono poche», conferma Elisabetta Fachi, assessore regionale dell'Agricoltura e della Riforma agro-pastorale, «la normativa è molto stringente, i passaggi burocratici sono parecchi e c’è una scarsa propensione dei produttori a trovare una sintesi sui disciplinari di produzione da far approvare». A mettere i bastoni tra le ruote del meccanismo che dovrebbe riconoscere la qualità dei prodotti e gli sforzi dei produttori, spesso, sono gli stessi produttori. Un paradosso che ha bloccato l’ascesa di tante eccellenze della tavola sarda: «In questi anni diverse produzioni hanno iniziato il percorso per la certificazione Dop, o Igp, ma l’iter si è poi arenato proprio per la mancanza di intesa o la differenza di interessi tra i vari produttori. In alcuni casi, anche con un intervento di mediazione della Regione, i produttori sono riusciti a portare al completamento del riconoscimento Dop. Come è successo per lo zafferano, l’olio d’oliva e il carciofo spinoso».

Ma al conto mancano alcune produzioni che sono tra le preferite e soprattutto tra le più note, anche per via delle loro peculiarità: «Per alcune produzioni che possiamo definire identitarie, come la bottarga o il pane carasau, al momento non è stato possibile fare passi avanti. In più sono esposte al rischio di imitazione». C’è poi un’ulteriore difficoltà: «La certificazione spesso non aggiunge valore e remunerazione al prodotto ed è una difficoltà comune a tutte le Dop italiane. Ecco perché è fondamentale che venga incentivato il lavoro dei consorzi di tutela verso la promozione, sia in rete tra loro sia con altri consorzi italiani di produzioni similiari. Per questo stiamo lavorando con i tre consorzi di tutela dei formaggi sardi Dop perché collaborino in una promozione comune e più efficace, che possa legare i prodotti al territorio da cui provengono e che diversifichi il loro marketing in base ai mercati di riferimento», spiega l’assessore prima di anticipare una novità che potrebbe dare una spinta decisiva: «Il bando sull’internazionalizzazione che sta per uscire va esattamente in questa direzione. Inoltre, le nuove norme sull’etichettatura facoltativa sono un’opportunità da cogliere perché ci permetterebbero di rendere più chiare al consumatore le caratteristiche salutari dei nostri prodotti».

Sempre secondo l’assessore Falchi, il marchio non è un punto d’arrivo: «La certificazione Dop non è una semplice medaglia al merito dei produttori. Piuttosto è uno strumento per la promozione e la tutela di una produzione di grande qualità legata a un territorio e a un sapere ben determinato. Questa qualità, che impone costi aggiuntivi a chi produce, deve portare a un prezzo di vendita più vantaggioso che possa assicurare la giusta retribuzione a tutta la catena della filiera produttiva».

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