La Nuova Sardegna

Ep choc su Fiume Santo: il quinto gruppo non si farà

di Gianni Bazzoni
Ep choc su Fiume Santo: il quinto gruppo non si farà

Bloccato l’investimento a carbone da 700 milioni di euro nella centrale

21 maggio 2016
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SASSARI. Un investimento strategico da 700 milioni di euro spazzato via con una lettera. Un progetto industriale che ha compiuto un lungo e complesso percorso, l’unico in Italia ad avere ottenuto l’Autorizzazione ambientale integrata, cestinato come una cosa vecchia e con giustificazioni che sono buone per una azienda privata ma che hanno scarso valore per le istituzioni e per la comunità pubblica. Il quinto gruppo della centrale di Fiume Santo, nel polo energetico del nord Sardegna, comunque non si farà più. Ieri Ep Produzione - la società italiana del gruppo energetico ceco Eph che in Italia gestisce una capacità di generazione di 4,3 Gw - ha comunicato con una lettera formale inviata al ministero dello Sviluppo economico e alle altre istituzioni (Regione e sindaci compresi) la decisione di non procedere alla costruzione del nuovo gruppo a carbone da 410 Mw. Anche se quell’opera è dentro il Piano energetico regionale. Il presidente della Regione Francesco Pigliaru, lunedì sarà a Sassari per un incontro informale con i segretari di Cgil, Cisl e Uil che preparano lo sciopero generale del territorio fissato per il 26 maggio.

Era nell’aria. Non si tratta di una sorpresa, non sarebbe credibile oggi chi racconta di non essere al corrente dell’orientamento del gruppo industriale. Su questa posizione era E. On che ha ceduto l’impianto di Fiume Santo, ancora più lo è la società ceca. E lo si era capito fin da subito che quell’investimento non ci sarebbe stato.

La Regione. «Chiediamo l’apertura di un confronto che porti alla definizione di interventi sostitutivi al mancato investimento»: così l’assessore regionale all’Industria Maria Grazia Piras. «È un fatto negativo perché è un investimento che viene a mancare a Porto Torres e in Sardegna. Ci aspettiamo programmi legati alla metanizzazione dell’Isola».

Il rischio. In assenza di una posizione forte, di un confronto deciso da parte della Regione e delle istituzioni competenti, si va verso l’ennesima sconfitta sul fronte industriale. E il rischio è quello di trovarsi con un nuovo “cadavere” di ferro steso in un territorio devastato dalla crisi, con seri problemi ambientali da risolvere e con la partita delle bonifiche ambientali che è ancora in larga parte da giocare.

I motivi di Ep. La dirigenza di Ep parla di una decisione assunta a seguito di approfondita valutazione. Cita il drastico calo dei consumi di energia rispetto al passato che riguarda tutta l’Italia, «ma in modo più severo la Sardegna (nel 2015, rispetto al 2007, Italia meno 7 per cento e Sardegna -29). Oggi la domanda di energia elettrica in Sardegna è a livelli del 1987».

Isolamento. Secondo la società ceca che ha rilevato Fiume Santo, oggi la Sardegna non è più isolata dal punto di vista energetico, anche grazie alle recenti strutture di Terna. L’isola «è collegata alla rete nazionale, bilanciata e in grado di esportare la maggior parte della produzione giornaliera. L’investimento non è giustificabile dal punto di vista del ritorno economico: in tutti gli scenari analizzati presenta un ritorno economico negativo».

Il progetto. Concepito nel 2005 e autorizzato nel 2010, richiederebbe altri cinque anni per la realizzazione, e poi c’è da tenere presente «il processo di decarbonizzazione rilanciato dall’accordo alla Cop 21 di Parigi». Ma dietro alla rinuncia di Ep c’è anche tutto quello che non è stato fatto finora, con un lungo tira e molla che ha trasformato in carta straccia gli accordi siglati in Regione e a Roma. Primo fra tutti quello del gennaio 2007 tra l’allora presidente della Regione Renato Soru e i vertici di Endesa (gli spagnoli che poi hanno ceduto Fiume Santo ai tedeschi di E.On).

Gli accordi. Nel Protocollo d’intesa, il via libera alla costruzione del quinto gruppo era legato alla fornitura a prezzi competitivi di energia elettrica all’industria energivora e al sistema pubblico regionale. Poi c’era l’impegno a utilizzare il gas in centrale entro 5 anni dal momento in cui sarebbe stato disponibile. E, ancora, la sostituzione dei gruppi a olio combustibile, il possibile sviluppo di un rigassificatore, la riduzione delle emissioni in atmosfera, il miglioramento dell’impatto visivo con l’abbattimento delle due ciminiere e la restituzione di 20mila metri quadrati vicino alla spiaggia.

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