La Nuova Sardegna

Da traino dell’economia a mega mangiatoia

Da traino dell’economia a mega mangiatoia

La storia di una programmazione naufragata tra manovre politiche e investitori squattrinati

17 maggio 2016
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NUORO. Ce n’era per tutti: all’epoca non si guardava per il sottile. E fu così che il contratto d’area di Ottana, lo strumento di programmazione negoziata che avrebbe dovuto resuscitare la Sardegna centrale, diventò una colossale mangiatoia per imprenditori in cerca di facili quattrini pubblici. Alcuni di loro erano eclettici, come il sudamericano Juan Francisco Rotundo, che per garantire la bontà del suo investimento esibì un portafogli di bond argentini. Eravamo nel 2000, la grande bolla finanziaria di quella nazione stava per esplodere, e uno sguardo, se non ai mercati internazionali, semplicemente ai giornali avrebbe consigliato prudenza a chi gli concesse tre milioni 726mila euro. La sua Fada Italia, mai entrata in produzione, avrebbe dovuto produrre rivoluzionarie siringhe monouso e assumere 110 dipendenti. È una delle tante razzie che emergono dando uno sguardo a posteriori al contratto d’area di Ottana, che prevedeva l’apertura di 29 nuove aziende e 1362 posti di lavoro, a fronte di 121 milioni di euro erogati.

Il fallimento del patto territoriale fu sotto gli occhi di tutti nel volgere di qualche anno, ma mostra i suoi effetti ancora oggi: solo undici le aziende rimaste in vita, piccole e locali per la maggior parte, e poco più di trecento i lavoratori in attività. Ma gli ultimi dati ufficiali sono del 2011 e non sappiamo davvero come è andata a finire. Si sa solo che la rincorsa alle somme stanziate e poi revocate per oltre 80milioni di euro procede nei tribunali di mezza Italia, vista la provenienza variegata degli investitori, o presunti tali nella maggior parte dei casi.

Tornando agli anni della grande truffa, anche la ricorrente desinenza srl, società a responsabilità limitata, accanto alla maggior parte delle aziende ammesse ai contributi a fondo perduto per il 70 per cento, avrebbe dovuto consigliare maggiore prudenza, ma nella generale ubriacatura di cifre, e piccoli o grandi tornaconti, partiti, funzionari, industriali e sindacati non vi fecero caso.

La grande fuga degli imprenditori prese il via già all’indomani della concessione dei finanziamenti, cominciati nel 1999 (presidenti della Provincia, cioè responsabili unici del procedimento, prima Giuseppe Pirisi, Ds e poi Tonino Rocca, Psi). Nel quinquennio 2000-2005 (presidenza Francesco Licheri, partito popolare) venne erogato il 98,6% dei fondi, e le truffe vennero gradualmente allo scoperto, con già quattro revoche di contributi per 5 milioni.

Ma lo tsunami vero e proprio si verificò dopo, quando il successore di Licheri, Roberto Deriu, stessa area politica e oggi Pd, chiese la revoca per altre dieci imprese, per un totale di 65 milioni di euro, e ne avviò altre due per 11 milioni. Qualche anno fa le revoche assommavano a 80 milioni. Anche l’ufficio del responsabile unico, per la verità, non lesinò le spese, se è vero che per il proprio funzionamento impiegò dal 2000 al 2005 ben 904mila euro, con una spesa media di 150mila l’anno. Anche all’Asi, il consorzio industriale per la Sardegna centrale, allora diretto da Michele Ladu (partito popolare), non andò male: aspirava a 10 milioni, ne ha ricevuti la metà per interventi infrastrutturali. Non si capisce come siano stati utilizzati, visto che i pochi imprenditori rimasti a Ottana lamentano ancora la mancanza di strade, linee adsl e carenza nello smaltimento rifiuti. Poi c’è Ottana Sviluppo, società nata come “soggetto intermediario con il territorio”. Voluta da Enisud, sulla carta era una società non profit. Questo non ha impedito che presentasse alla Provincia fatture che, solo per il periodo 2000-2001, ammontavano a 159mila euro. Una goccia nel mare. (p.me.)

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