La Nuova Sardegna

Idea Motore, tutti a casa

di Stefania Vatieri
Idea Motore, tutti a casa

Nuoro: i giapponesi portano gli impianti in Romania. Sit-in dei dipendenti

03 maggio 2016
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NUORO. Finisce l'era della fabbrica nuorese di motori elettrici per lavatrici Idea Motore, che per ben nove anni aveva dato lavoro a un centinaio di operai metalmeccanici della provincia barbaricina esportando i suoi prodotti. «I costi di trasporto delle merci sono troppo alti nell'isola. La perdita è di tre euro per ogni motore prodotto. Investiremo in Romania». Con queste parole la multinazionale giapponese Sole Nidec corporation — che il 15 marzo si era aggiudicata all'asta la linea produttiva della fabbrica nuorese Idea Motore — sembrerebbe avere chiuso definitivamente il tavolo delle trattative con Regione e sindacati. «La Sardegna è troppo svantaggiosa», concludono. A dare la notizia è il sindaco di Nuoro Andrea Soddu, dopo l'incontro in Regione di ieri mattina: «Insieme ad alcuni rappresentanti dei lavoratori di Idea Motore, ho incontrato l'assessore regionale all'industria Maria Grazia Piras per fare il punto della situazione. È stato chiarito definitivamente che tutti gli incentivi prospettati dalla Regione per la permanenza dell'attività produttiva a Nuoro, non sono stati sufficienti per convincere la multinazionale a lasciare qui la produzione».

Si chiude. Una tegola in testa, la definiscono gli ex operai convinti fino a qualche giorno fa che la loro vertenza stesse andando nella giusta direzione, con assessori regionali, consiglieri e sindaci uniti per la salvezza dello stabilimento. Ma dopo un primo vertice che ha visto oltre un mese e mezzo fa nel Palazzo di via Roma l'assessore regionale all'Industria Maria Grazia Piras e l'amministratore delegato del colosso nipponico seduti al tavolo delle trattative, ciò che è seguito è stato solo un valzer di rinvii, qualche piano di rilancio e tante promesse. Le prime avvisaglie del temuto smantellamento erano giunte quasi di soppiatto venerdì pomeriggio, dopo l'inaspettata visita nella fabbrica di tre tecnici della Nidec corporation, accompagnati dal curatore fallimentare. Il fatto ha scatenato il caos tra gli ex lavoratori, convinti di essere ancora nel pieno delle trattative tra la Regione e la multinazionale nipponica, con margini di speranze piuttosto soddisfacenti. Ma la triste vicenda pare abbia seguito la via del non ritorno.

La battaglia continua. «La notizia ci lascia sgomenti – prosegue il sindaco nuorese Andrea Soddu – abbiamo portato anche ieri la nostra solidarietà ai lavoratori che in questi giorni stanno manifestando davanti ai cancelli dell’azienda — prosegue —.Pur constatando l’impegno dell’assessore Piras per una risoluzione della vertenza, ci dispiace aver saputo dell’esito negativo della trattativa tra Regione e azienda a cose fatte. Sapevamo che trovare una soluzione a un caso che rientra nelle logiche del mercato globale non sarebbe stato semplice, tuttavia come amministrazione comunale non vogliamo rassegnarci e continueremo a batterci per chiedere alla giunta Pigliaru di attivare le misure necessarie per dare serenità ai lavoratori», conclude il sindaco. Nessuna conferma di una probabile interruzione delle trattative arriva da Regione e sindacati che al contrario affermano: «La vertenza Idea Motore è ancora aperta».

Dal successo al tracollo. Nata nel 2001 nell'area industriale di Pratosardo, Idea Motore inizia la produzione di motori elettrici per lavatrici con oltre ottanta operai metalmeccanici specializzati di cui l'80 per cento donne. “La fabbrica rosa della Barbagia”, “il fiore all'occhiello del Nuorese", così fu definita negli otto fiorenti anni di produzione: 5000 motori prodotti ogni giorno ed esportati in tutto il mondo con clienti prestigiosi come Bosh e Indesit. Poi il tracollo nel 2008 per gravi problemi all'interno della compagine societaria celati dalla dirompente crisi che nel frattempo metteva in ginocchio il territorio. Ma la serrata definitiva allora fu scampata grazie alla società Am Italia — costituita ad hoc per il salvataggio aziendale — che per qualche anno ha mandato avanti la ridotta produzione con appena undici lavoratori. Almeno fino al luglio scorso. Quando anche per la neonata Am Italia non c'è stato più niente da fare. La fabbrica finisce all'asta: i macchinari svenduti a una multinazionale giapponese e anche il capannone, ora di proprietà della banca Monte dei Paschi di Siena, finirà all'asta tra poco più di una settimana.

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