La Nuova Sardegna

Abbanoa, i giudici: Murtas ha agito per salvare l’azienda

di Mauro Lissia

Prime indiscrezioni sul reintegro del direttore generale Nessun abuso d’ufficio, perseguiva un interesse pubblico

30 aprile 2016
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CAGLIARI. Le decisioni assunte dal direttore generale Sandro Murtas, i trasferimenti dei dirigenti, gli incarichi agli avvocati, la cancellazione di un intero settore operativo, a giudizio del collegio d’appello del tribunale avevano come unico obiettivo la salvezza di Abbanoa dal disastro finanziario. La conseguenza è che il dirigente della società concessionaria del servizio idrico non avrebbe commesso alcun abuso d’ufficio e può restare al timone dell’azienda senza che la Regione debba temere danni. I giudici depositeranno soltanto tra un mese le motivazioni del provvedimento col quale hanno annullato la misura cautelare dell’interdizione dall’incarico a tempo indeterminato disposta dal gip Giampaolo Casula su richiesta del pm Giangiacomo Pilia, ma le indiscrezioni che superano in queste ore il rigoroso riserbo dei magistrati sembrano confermare come i giudici Claudio Gatti, Giorgio Altieri e Simona Belelli abbiano letto in termini diametralmente opposti i fatti che stanno alla base delle accuse avanzate dalla Procura nei confronti del massimo dirigente di Abbanoa. Quanto contenuto nell’atto di chiusa indagine firmato dal pm Pilia e nell’istanza di sospensione dall’incarico presentata dallo stesso magistrato al gip è pienamente confermato dai documenti: per mandare avanti l’azienda regionale Murtas ha certamente usato metodi spicci, infliggendo a una parte dei dipendenti provvedimenti drastici. Il dirigente non ha esitato a smontare l’organizzazione dell’ufficio che si occupava degli appalti per sistemare al comando un uomo di sua stretta fiducia, così come ha cercato di accelerare il recupero della montagna di crediti maturati negli anni nei confronti degli utenti affidando a due studi legali, senza alcuna selezione pubblica, l’incarico di mandare avanti le pratiche. Ma ogni scelta, a giudizio del tribunale e in aperto contrasto con l’ordinanza del gip Casula, risulterebbe strettamente ancorata al perseguimento di un interesse pubblico, come Murtas e i difensori Spagnolo e Carelli hanno cercato di dimostrare coi documenti prodotti nel corso dell’udienza di trattazione. Il che - in linea con la giurisprudenza della Corte di Cassazione - mette in dubbio a giudizio del tribunale le ipotesi di abuso d’ufficio, pur confermando i fatti che hanno indotto la Procura a contestare il reato a Murtas in relazione ad almeno tre circostanze.

In altre parole, quelle di Machiavelli: il fine giustifica i mezzi e qui si tratta di un fine pubblico, talmente centrale da rendere accettabile - almeno per quanto riguarda il giudizio penale - persino la «punizione» di alcuni dipendenti e l’affidamento di incarichi milionari con selezioni che la Procura considera colpevolmente sbrigative.

Troppo presto per trarre conclusioni sulle prospettive dell’inchiesta giudiziaria condotta dal pm Pilia, è certo però che la decisione del tribunale ha indebolito l’attuale quadro accusatorio, articolato su due fasi successive dell’inchiesta. Il magistrato potrebbe decidere di ricorrere in Cassazione contro il provvedimento, così come potrebbe scegliere di andare avanti comunque sulla linea tracciata da un’indagine ancora pienamente in corso: la Guardia di Finanza indaga per falso in bilancio sulla scorta del provvedimento dell’Antitrust, che ha inflitto ad Abbanoa una sanzione di un milione e 80 mila euro. Altri approfondimenti riguardano le posizioni di numerosi dipendenti - un nuovo esposto è stato depositato ieri mattina - mentre all’ufficio del pm Pilia continuano ad arrivare denunce anonime di fatti sui quali saranno condotti accertamenti. Come dire: una storia infinita dall’epilogo ancora incerto.

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