La Nuova Sardegna

Dopo Vinitaly si punta ai mercati esteri

di Pasquale Porcu
Dopo Vinitaly si punta ai mercati esteri

Bilancio tra luci e ombre, gli operatori sono pronti a fare sistema per promuovere il comparto e aumentare le produzioni

15 aprile 2016
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VERONA. Calato il sipario sull'edizione di quest'anno di Vinitaly è ora di fare i bilanci e soprattutto cercare di individuare il percorso da seguire per lo sviluppo della enologia sarda. Molti degli operatori isolani presenti alla fiera di Verona sono soddisfatti sia dei contatti con i buyers che dell'apprezzamento dei visitatori. Ma qual è l'immagine della Sardegna percepita negli stand dello spazio Sardegna?

La sfida. «Alcune cantine isolane mi sono sembrate pronte ad accettare le sfide dei mercati – dice Roberto Dessanti, presidente dell'associazione italiana dei Sommelier, sezione Sardegna – ma molte aziende le vedo ancora statiche e impacciate. Una sensazione che colgo soprattutto dopo aver visitato i padiglioni di altre regioni, a cominciare dalla Sicilia. L'immagine del padiglione sardo, poi, mi è sembrata modesta, poco attrattiva. Inadeguata, comunque, ad accogliere i potenziali clienti di un mercato fatto da operatori che spesso non sanno neanche dove sia la Sardegna. Che fare? A mio parere bisogna concentrare gli sforzi per promuovere la cultura, le bellezza, la straordinarietà della Sardegna e dei suoi vini. Che sono diversi, gioiosi, unici nel panorama mondiale. Ma è necessario che, soprattutto le istituzioni si impegnino di più, spendano più risorse in promozione. Capisco le difficoltà delle quali ha parlato l'assessore regionale all'Agricoltura ma che immagine possiamo dare di una regione che si presenta a Vinitaly tagliando la presenza dei sommelier?»

I progetti. Sul da farsi ha idee molto chiare Antonello Pilloni, presidente della Cantina Santadi e uomo di straordinaria esperienza nelle politiche del vino sardo. «Tutti gli anni si fanno discorsi e promesse – dice – ma è giunta l'ora di mettersi intorno a un tavolo e ragionare tutti insieme su un programma che non può essere che pluriennale. Come possiamo raddoppiare il fatturato del settore? Quali scelte bisogna fare? Buttiamo giù un programma preciso e chiediamo a tutti un impegno preciso; alle aziende e alla politica, ai tecnici e al marketing. Dobbiamo organizzare gli “Stati generali dell'enologia sarda”. Solo così possiamo assicurare un futuro ai nostri giovani. È chiaro, poi, che non possiamo farci la guerra tra di noi, puntando a un mercato nazionale e isolano sempre più risicato. Puntiamo all'estero e motiviamo i nostri giovani».

La produzione. Sulla stessa lunghezza d'onda del presiedente della Cantina di Santadi è Dino Addis, presidente dell'Assoenologi della Sardegna. «Dobbiamo coordinarci tra di noi imitando chi ha fatto meglio di noi – dice Addis –. Lo Champagne ha una superficie vitata paragonabile a quella della Sardegna. Ma la redditività di quei vigneti è infinitamente superiore alla nostra. Qual è la differenza tra noi e loro? Che i francesi hanno una regia di comparto precisissima, tutto viene deciso e coordinato, Dalla potatura alla vendemmia: ci sono consorzi spesso affidati ai giovani che curano ogni aspetto della produzione delle migliori bollicine del mondo. E da noi? Ciascuno fa da sé e possibilmente in guerra col proprio vicino. La strada da seguire, dunque, è molto semplice: coesione, organizzazione e promozione, Solo così la Sardegna può crescere».

Uniti per crescere. Per Valentina Argiolas, dell'omonima azienda di Serdiana, «bisogna smetterla di farci la guerra tra di noi. Basta con le scaramucce e i vecchi rancori, Uniamoci e seguiamo l'esempio della Spagna e del Portogallo. Puntiamo su Vermentino e Cannonau – dice la produttrice di Turriga – e intanto facciamo capire ai mercati esteri che amano il Vermentino e lo vanno a comprare in Toscana, che quello è un vino sardo e che noi facciamo prodotti di grande eccellenza».

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