La Nuova Sardegna

La lente sulle incompiute di Bono e Olmedo

La lente sulle incompiute di Bono e Olmedo

Dalla Regione niente fondi per i centri mai aperti: «Nessuna richiesta di accreditamento»

24 febbraio 2016
2 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. I mega palazzi a cinque piani da 30mila metri cubi finiscono sotto la lente della Regione. Che prende in mano i casi di Bono e Olmedo, dove due strutture messe su dalla Fondazione Randazzo si sono arenate senza avere mai accolto neppure un paziente. Dietro i centri per la riabilitazione e assistenza di persone non autosufficienti «non mi risulta ci sia uno spreco di soldi pubblici», dice l’assessore alla Sanità Luigi Arru. «Si tratta di iniziative di privati, sostenute da fondi privati, nelle quali la Regione non è mai stata coinvolta». Significa che né da Bono, dove la struttura alla periferia del paese è stata completata ormai da diverso tempo, e né da Olmedo, dove invece i lavori si sono interrotti definitivamente nel 2008, sono mai arrivate richieste di accreditamento alla Regione. «Le avremmo valutate – dice Arru – esattamente come in tutti gli altri casi. Con l’Aias sono in corso diverse convenzioni, la Fondazione Randazzo gestisce alcune residenze sanitarie. Ma nei casi di Bono e Alghero la Regione non è stata informata, proprio perché non si è arrivati alla fase di richiesta degli accreditamenti. Di sicuro – commenta il responsabile della Sanità – è un peccato vedere quelle strutture praticamente pronte e non utilizzate. Sulla vicenda, per capire che cosa sia accaduto, faremo una verifica».

Sul caso Aias a Bono ha presentato diverse interrogazioni il consigliere regionale di Sel Daniele Cocco, nelle quali chiede sia fatta chiarezza sulla mancata apertura della struttura econ complessivi 120 posti letto. Nel 2013 la risposta dell’allora assessore Simona De Francisci, che confermava l’autorizzazione concessa per l’apertura di una Rsa. Simile il caso di Olmedo, dove però lo stabile, anche questo di 5 piani e per complessivi 120-140 posti letto, non è stato ultimato. La Fondazione Randazzo ha avviato il cantiere nel 2002, nel 2008 sono andati via gli ultimi operai. Il mega palazzo è in vendita. Ma sinora a manifestare interesse è stata solo una società spagnola, intenzionata a realizzare una residenza sanitaria assistita. L’affare è sfumato, gli spagnoli e la famiglia Randazzo non hanno trovato l’intesa. Il casermone resta lì, in balìa dei vandali e mal sopportato dalla popolazione, che invece dei tanti posti di lavoro si ritrova con un monumento al degrado. (si. sa.)

In Primo Piano
L’intervista

Giuseppe Mascia: «Cultura e dialogo con la città, riscriviamo il ruolo di Sassari»

di Giovanni Bua
Le nostre iniziative