La Nuova Sardegna

Orune da maggio implora giustizia

di Paolo Merlini

La morte di Gianluca resta una ferita aperta, il sindaco Deserra: «È stata una tragedia collettiva»

10 febbraio 2016
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INVIATO A ORUNE. «Confidiamo nell’operato della magistratura, in modo totale e incondizionato, come abbiamo fatto sin da quel tragico 7 maggio 2015. È l’unico modo per restituire giustizia alla famiglia di Gianluca e a tutta la comunità, che vive la sua tragica morte come una tragedia collettiva», così il sindaco di Orune Michele Deserra commenta la svolta nelle indagini sull’assassinio dello studente Gianluca Monni. «Vogliamo che la giustizia trionfi, credo che nessuno a Orune abbia mai pensato ad altre soluzioni. Personalmente non ho mai creduto che le indagini si fossero arenate, pur nella difficoltà di assicurare alla giustizia in tempi brevi i responsabili della fine del nostro ragazzo, visto che la stessa inchiesta ha svelato uno scenario molto complesso».

Sono già passati nove mesi dall’assassinio di Gianluca Monni, ma la sua morte è ancora una ferita aperta nell’animo degli orunesi. Le novità delle indagini dicono che il principale indagato dell’inchiesta, il minorenne di Nule sospettato di aver avuto un ruolo fondamentale nell’esecuzione di Gianluca, ora è indagato anche per l’omicidio del suo compaesano Stefano Masala, scomparso nel nulla il giorno prima dell’omicidio. Un sospetto per gli investigatori che devono necessariamente seguire i tempi e le modalità della giustizia, ma un’ulteriore conferma per tanti orunesi su cosa accadde realmente il 7 maggio 2015 tra due paesi a 25 chilometri di distanza l’uno dall’altro, appunto Nule e Orune. Qui è da tempo opinione corrente che i due fatti fossero legati tra loro, soprattutto per quelle immagini riprese da una telecamera fissa che legavano la presenza dell’auto del padre di Stefano Masala al luogo del delitto, a Orune lungo corso Repubblica. Probabilmente, anzi, a inviduare l’auto e indicare i presunti responsabili del delitto hanno contribuito numerosi orunesi, a cominciare dai compagni dello studente che aspettavano con lui l’autobus che li avrebbe condotti alle scuole superiori, a Nuoro. Tutto ciò, anche per sfatare la fama legata all’omertà che Orune e altri paesi della Barbagia continuano a portarsi appresso. A dimostrazione di questo, il fatto che nessuno o quasi, tra le poche persone che si possono incontrare per strada in una mattina invernale con le vie del paese battute da un vento gelido, si astiene dal commentare la notizia. Ma la richiesta di anonimato è perentoria, e a suo modo anche giustificabile, anche quando si tratta di frasi di circostanza. Tutti o quasi a Orune sanno cos’è accaduto prima di quel tragico 7 maggio 2015, cioè l’episodio del dicembre 2014, durante le Cortes Apertas che sarebbe all’origine dell’omicidio di Gianluca, colpevole di aver difeso la sua ragazza dalle offese di un gruppo di giovani arrivati da un paese vicino per fare baldoria, ma con una pistola in tasca. Quell’arma che non è mai stata ritrovata e che forse è all’origine di tutto.

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