La Nuova Sardegna

Frase sulla mentalità barbaricina, la replica di Saieva

Frase sulla mentalità barbaricina, la replica di Saieva

Le spiegazioni del procuratore generale: «Io valuto le persone non le comunità»

04 febbraio 2016
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CAGLIARI. Il procuratore generale della Repubblica Roberto Saieva ha letto ogni riga delle contestazioni sollevate a mezzo stampa per l’ormai famosa frase sulla “mentalità predatoria tipica barbaricina” da lui pronunciata nell’intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario celebrato nell’aula magna del palazzo di giustizia il 30 gennaio scorso.

Amarezza. Non nasconde di essere amareggiato. «Sono cose che non fanno piacere, a Nuoro sono stato bene, ho qualche amico. Nuoro mi piace, più di altre città, ha un’anima. Quando sono arrivato a Nuoro nel 1998 c’erano aperte e funzionanti cinque librerie, un numero alto in rapporto agli abitanti»

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Comunità barbaricina. Saieva è persona pacata, sobriamente riafferma una cosa già detta in questi giorni turbolenti: «Con quella frase mi riferivo a chi commette i reati, non alla comunità barbaricina». Sulla comunità barbaricina il procuratore generale non dà un giudizio diretto ma racconta di un momento del suo lavoro a Nuoro, dove è stato per cinque anni: «In un’intervista che rilasciai per comunicare l’esito di un’inchiesta su un uxoricidio avevo ringraziato pubblicamente la comunità nuorese perché da una certa fase in poi aveva collaborato alle indagini».

L’intervento. Saieva ribadisce di condividere la frase, che non era sua, l’ha presa dalla relazione di un altro ufficio. Spiega come viene composto l’intervento inserito nell’inaugurazione dell’anno giudiziario: «Sia il presidente della Corte d’appello sia il procuratore generale cercano la sintesi delle relazioni che vengono dagli altri uffici del circondario. Ho ripreso la frase - sottolinea - perché corrisponde alle mie conoscenze delle dinamiche della criminalità sarda. Non era diretta alla comunità barbaricina perché io faccio il magistrato e quindi valuto fatti, non fenomeni, persone, non comunità. Un omicidio in Sardegna è esattamente come in Lombardia o in Veneto, con le sue valutazioni individuali e le valutazioni giudiziarie che devono essere date. È un lavoro tecnico, non ci si fa influenzare dai contesti».

Csm. La reazione di alcuni esponenti della vita pubblica sarda è stata forte, c’è chi ha chiesto il trasferimento del procuratore e chi ha messo in dubbio la sua serenità nell’azione di magistrato. Ma il Csm, l’organo di autogoverno della magistratura che tra l’altro sovrintende alle questioni disciplinari, non sembra voler dare seguito alla vicenda di Cagliari e, in questi giorni, non si è manifestato in alcun modo.

Fraintendimento. Alla luce di quanto è accaduto dopo, il procuratore Saieva riproporrebbe quella frase nel suo intervento? «Dando il dovuto credito di buona fede al mio prossimo - commenta il procuratore generale - immagino che tutto si sia sviluppato per un fraintendimento e allora rispondo che, certo, specificherei, anche in modo pleonastico, che quel tema riguarda singoli soggetti». Forse si poteva diramare un comunicato di spiegazione? «Non è un’azione propria del mio ruolo».

Solidarietà. Fuori dal palazzo di giustizia si è innescata una reazione a catena, a tratti scomposta, ma a Saieva non è mancata la solidarietà. «Tutti i vertici istituzionali regionali - spiega - mi hanno raggiunto con testimonianze di solidarietà. Non parlo di politici, coi quali non ho rapporti». (a.s.)

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