La Nuova Sardegna

L'amore nasce nella casa famiglia: il volontario e l’ospite hanno detto sì

di Giovanni Bua
Il bacio di Maria Ausilia e di Enrico subito dopo la cerimonia in municipio
Il bacio di Maria Ausilia e di Enrico subito dopo la cerimonia in municipio

Si sono conosciuti nella Casa di San Vincenzo a Sassari: sabato Maria Ausilia ed Enrico si sono sposati . Nel centro si assistono centinaia di persone in difficoltà

31 gennaio 2016
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SASSARI. Alla fine il sì è uscito dalla sua bocca sicuro e veloce, come le lacrime dai suoi occhi. Balbetta un po’ Maria Ausilia, soprattutto quando si emoziona, e aveva paura di far brutta figura di fronte all’assessora ai Servizi sociali Monica Spanedda, che fascia tricolore al petto e lucciconi in viso sabato 30 gennaio ha celebrato il suo matrimonio. Enrico comunque l’avrebbe perdonata, almeno a giudicare come la guarda, la ascolta, la bacia. «Ho trovato una gran donna», aveva detto sicuro pochi minuti prima, mentre si arrampicava nei viottoli di granito che separano Casa San Vincenzo da Palazzo Ducale.

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Da quella piccola struttura di tre piani, nove letti e mille storie lui, 54 anni, volontario nella casa famiglia vincenziana, e lei, 45 anni e due figli di 10 e 15, lì dentro ospite, sono usciti tra lanci di riso e piatti frantumati. Lì si sono scoperti, conosciuti e, mentre rattoppavano le loro esistenze, innamorati. «A volte basta una mano tesa per rimettersi in piedi – sorride timida Maria Ausilia con il suo vestito blu della festa –. E ora i miei bambini avranno un papà». «La vita è piena di sorprese – spiega Enrico – soprattutto se decidi di non avere più paura».

E paura questo muratore di Cargeghe, lavoro saltuario e casetta in paese, ha deciso di non averne proprio. Mandato anni fa dal tribunale nella casa vincenziana a fare il volontario, per pagare un piccolo debito con la giustizia, ha deciso di rimanerci. «E ci rimarrò ancora», sottolinea fiero. La stessa fierezza che l’ha portato a rimettere in discussione tutto. Con i soldi che ora non basteranno più, una casa nuova da trovare, una famiglia intera da rattoppare di nuovo. «Ma mica uno pensa a queste cose quando si innamora», liquida la faccenda lui.

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«Quando ci hanno raccontato della loro idea di sposarsi – spiega Vittoria Giua, presidente di Casa di San Vincenzo e chiaramente testimone di nozze insieme al suo vice Antonio Marras – è stata una gioia difficile da esprimere. Personale, per le due belle persone che conosciamo. Ma anche generale, profonda, perché rende evidente quello che noi sappiamo già, le nostre case, piene di anime spezzate da storie di disagi e sofferenze, sono luoghi di vita, di rinascita, di amore».

E tante sono le storie che in questa casa, aperta dal 2006 nel cuore di una delle parti più difficili del centro storico cittadino, sono passate. Quella di Miriana, la prima ospite 9 anni fa. Che ora ha una casa dove corre a lasciare il suo carrello che usa per la questua giornaliera, e mettersi in ghingheri per il matrimonio. «Bisogna faticare tanto – racconta – ma se hai una famiglia ce la puoi fare. E questa rimarrà sempre la mia famiglia».

O di Mina, nata vicino a Casablanca, a Sassari dal 2008, unica straniera delle 9 ospiti che urla la sua gioia con un lungo e acuto canto tradizionale marocchino. Ora fa la badante: «Ma ogni volta che finisco un lavoro torno qui. È la mia casa». O magari di Orlando, che sotto gli occhi affettuosi di volontari e volontarie racconta del suo impegno di custode notturno: «In dieci anni non ho saltato una notte. Dalle 9 di sera alle 8 del mattino».

«A volte i nostri coetanei non capiscono – raccontano Elena e Alessandro, 23 e 26 anni, studenti nel corso di laurea in Servizio Sociale – eppure quando noi veniamo qui non ci sembra mai di perdere tempo. Anzi, finisce sempre che ci portiamo qualcosa a casa. Che ci fa sentire migliori».

Parole vere, certificate da decenni si passione e storia della piccola grande macchina del volontariato vincenziano, che in città gestisce anche la casa diurna Villa Elena che ieri ha ospitato il rinfresco dei due sposini. Dove volontari, ex ospiti, giovani ragazzi e storiche dame di carità si mischiano in perfetta sinergia, dando ospitalità, facendo da ufficio di collocamento e agenzia immobiliare. «Diamo una mano – racconta Vittoria Giua – a rimettersi in piedi, senza guardare troppo le regole. Si potrebbe rimanere solo due mesi, ma non abbiamo mai messo alla porta nessuno. È facile, ci facciamo guidare dal cuore».

Come Maria Ausilia ed Enrico, che hanno proposto la loro lista da nove invitati, sperando non fossero troppi. E si sono trovati circondati da quasi 100 persone. Tutte lì a mettere qualche toppa, e a sognare insieme a loro. Perché a volte basta una mano tesa per alzarsi e ricominciare.

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