La Nuova Sardegna

Giulia Maria Crespi, il filo rosso della cultura

di Roberta Sanna

L’autobiografia presentata ieri a Cagliari per iniziativa del Fai Sardegna Dalla svolta del “Corriere della sera” sino all’impegno a favore dell’ambiente

19 gennaio 2016
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CAGLIARI. Un’autobiografia senza trionfalismi né retorica, con la capacità di raccontarsi come protagonista ma con uno sguardo capace del distacco dello storico e soprattutto con il pregio di riportare l’attenzione su importanti momenti della storia italiana su cui occorre continuare ad interrogarsi. “Il mio filo rosso: Il «Corriere» e altre storie della mia vita”, il libro autobiografico di Giulia Maria Crespi, trova d’accordo gli intervenuti alle due tavole rotonde organizzate ieri dal FAI, (Fondo Ambiente Italia), Sardegna presso la Fondazione Banco di Sardegna.

Ed uno di quei momenti è sicuramente il periodo tra i primi degli anni ’60 e la metà degli anni ’70, quando Giulia Maria Crespi gestì la proprietà del Corriere della Sera in un momento particolarmente critico della società italiana, tra le proteste del ’68 di giovani e operai e gli anni di piombo.

A parere di diversi relatori, tra cui Gian Luca Scroccu dell’università di Cagliari, in quel momento Giulia Maria Crespi fu un’imprenditrice ed editrice che seppe cogliere la crisi e il cambiamento politico in atto, e l’ingresso di soggettività nuove a cui dare voce nel giornale. Ci provò dapprima con la direzione di Giovanni Spadolini, accorgendosi poi dell’errore, in quanto «interessato quasi esclusivamente alla politica romana», e poi con risultati ben diversi con Piero Ottone, sotto la cui direzione ci fu l’uscita di Indro Montanelli, che da allora non le rivolse più la parola, e l’ingresso di firme come quella di Pierpaolo Pasolini, con la sua critica alla modernità e al capitalismo italiano.

Una svolta a sinistra del più importante giornale italiano, in un’epoca in cui la stampa più di oggi aveva una grande influenza sull’opinione pubblica non poteva essere tollerata più a lungo né dalla politica, né dal mondo della finanza e dell’industria, né dalle cosiddette forze oscure, rappresentate dalla P2. La Crespi affronta così il drammatico racconto dei tentativi di salvare il Corriere, in un momento di crisi di liquidità. Occorreva l'immissione di nuovi capitali e si rivolse all’amico Gianni Agnelli. Ma ancora una volta, racconta, fu un errore. «La verità è che mi consideravano una pazza, una irresponsabile, una comunista». L’avventura al Corriere finì, amaramente, con la vendita ai Rizzoli. Negli anni al giornale attraverso Antonio Cederna iniziò ad appassionarsi alle questioni ambientali e paesaggistiche, iniziando con Italia Nostra e poi fondando nel ’75 il Fondo Ambiente Italia, che ha presieduto sino al 2009 e di cui è tutt’ora presidente onoraria. Alla prima tavola rotonda hanno partecipato la storica del giornalismo Laura Pisano, Maria Antonietta Mongiu, presidente del Fai Sardegna e Franco Masala, sempre del Fai, con il coordinamento di Susi Ronchi.

A dimostrare l’attualità degli interrogativi sul rapporto tra poteri forti e informazione sollevato dalla Crespi, la serata si è conclusa con i giornalisti – Giorgio Pisano, Giacomo Mameli, Romano Cannas e Franco Siddi, e il coordinamento di Maria Francesca Chiappe – con una stimolante analisi su cosa succedeva in quello stesso periodo nei giornali sardi.

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