La Nuova Sardegna

Già condannato per l’omicidio della moglie

Già condannato per l’omicidio della moglie

La donna era incinta di 9 mesi, per il delitto commesso in Germania nel ’74 Faris scontò quasi 20 anni

09 gennaio 2016
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LULA. Lui si è sempre professato innocente ma a Lula Mario Faris anche ieri è stato ricordato per l'omicidio della moglie, avvenuto oltre 40 anni fa a Leverkusen, in Germania.

Era il 19 febbraio del 1974 e sulle rive del Reno venne trovato il cadavere di una donna, al nono mese di gravidanza. Franca Fontana aveva 25 anni. Per quel delitto venne arrestato il marito, Mario Faris, che venne però rimesso subito in libertà. La polizia tedesca aveva ritrovato sul corpo della donna, all'interno di una busta di plastica, una lettera in cui lei asseriva di essersi tolta la vita perché angustiata dai rimorsi nei confronti del marito che aveva tradito con un altro uomo. Il bimbo che portava in grembo, infatti, era stato concepito con un amante di Gonnesa, un certo Livio Meloni (nome che non risultava nell'anagrafe del comune).

Il caso venne archiviato come suicidio. Mario Faris fu estradato in Italia perché doveva scontare una condanna per lesioni: detenuto nella colonia penale di Mamone dove scontava un'altra pena, aveva raggiunto Iglesias per aggredire il suocero. L'ex emigrato fu rinchiuso in una cella del carcere di Cagliari dove era stato raggiunto da un mandato di cattura per omicidio, spiccato dal giudice istruttore Lombardini che era convinto che Faris, con un piano diabolico, avesse organizzato l'omicidio della moglie, costringendola sotto minaccia a scrivere quella lettera. A conferma della tesi del giudice la testimonianza di un compagno di cella di Faris al quale l'ex emigrato aveva fornito elementi che nessun altro, se non lui, poteva conoscere sul punto in cui venne trovato il messaggio della moglie. La vicenda giudiziaria dell'ex emigrato di Lula si era conclusa nel 1983 con una condanna definitiva a 24 anni.

Il nome di Faris era poi tornato alla ribalta nell'aprile del 1996 quando, a 52 anni, dopo 20 anni di carcere aveva lanciato un appello dicendosi pronto ad offrire un rene in cambio di assistenza legale: chiedeva la revisione del processo e il giusto risarcimento per quella che riteneva ingiusta detenzione. Rimesso in libertà alla fine degli anni Novanta Faris aveva ottenuto i benefici del cosiddetto domicilio di soccorso a Lanusei. Una volta decaduti era rientrato a Lula dove il Comune lo aveva preso in carico assegnandogli un alloggio popolare.

L’uomo, da ieri indagato per l’omicidio del compaesano Antonio Longu, aveva avuto un’infanzia molto difficile. Orfano di madre da bambino, intorno ai 7 anni era stato mandato in un collegio a Oristano. A 11 anni era scappato e aveva deciso di rientrare in paese. Aveva trovato l’appoggio di uno zio, nel frattempo il padre si era risposato e aveva avuto un altro figlio. Mario Faris non aveva accettato la scelta del genitore e non aveva mai voluto avere rapporti con la sua nuova famiglia. Dopo alcuni anni trascorsi in Sardegna si era poi trasferito in Germania insieme alla moglie dalla quale aveva avuto una figlia. Poi l’omicidio, il “giallo del Reno” che nessuno a Lula ha mai più dimenticato. (k.s.)

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