La Nuova Sardegna

«Ospitate i profughi» ma l’appello del Papa per ora è inascoltato

di Antonello Palmas
«Ospitate i profughi» ma l’appello del Papa per ora è inascoltato

A settembre l’invito alle parrocchie ad aprire le loro porte Difficoltà organizzative, rispettare le leggi non è semplice

27 dicembre 2015
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SASSARI. Non lo dite a Francesco. Ricordate l'Angelus del 6 settembre scorso, quando il Papa «di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita» invitò «le parrocchie, le comunità religiose, i monasteri e i santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi»? Ebbene, quell'appello in Sardegna è rimasto lettera morta. Il Consiglio permanente della Cei (la Comunità episcopale) ha divulgato un vademecum, con le linee guida, mentre la Caritas Italiana ha riproposto il progetto del 2012 “Rifugiato a casa mia” che prevede il coinvolgimento della comunità cristiana nell'accoglienza di rifugiati e richiedenti protezione internazionale.

«Abbiamo mandato una lettera per sensibilizzare i parroci e fare una valutazione sulle strutture da mettere a disposizione: purtroppo ancora non abbiamo ricevuto risposte» ammette don Gaetano Galia, direttore della Caritas turritana. Che spiega: «Il progetto “Rifugiato a casa mia” non prevede la nostra partecipazione alla prima fase dell'accoglienza, quella dell'emergenza, che peraltro non condividiamo nelle modalità, con quell'ammassare i profughi in una sorta di lager moderni, dove sono di fatto abbandonati; noi ci occupiamo della seconda fase, dell'inserimento di quei migranti che hanno deciso di rimanere qui. C’è un progetto di case sfitte nei paesi, o in luoghi della parrocchia dove ci sono vecchie case canoniche. L'ideale sarebbe poter cominciare con esperienze concrete: saranno le famiglie a occuparsi di loro in toto, mandando a scuola i bambini, nei club sportivi e (se cristiani) in oratorio. Per ora è una bella intenzione, ma forse le parrocchie non sono pronte, o manca un’opera di sensibilizzazione delle famiglie stesse».

La direttrice della Caritas gallurese, suor Luigia Leoni: «Abbiamo dato disponibilità per un totale di 38 posti presso famiglie sparse nella diocesi. Da noi non è possibile l’ospitalità nelle parrocchie, generalmente piccole, anche se qualcuna ha messo a disposizione dei locali. Ma ancora non abbiamo ricevuto richieste. Per ora abbiamo solo una famiglia di bengalesi fuggiti dalla Libia qualche anno fa, che a Tempio sono benvoluti e si trovano molto bene».

«Ancora nelle strutture ecclesiali non sono arrivati migranti – dice il vescovo di Nuoro, monsignor Mosè Marcias –. Qualcuno che si è fatto avanti per ospitare ci sarebbe, ma non c’è modo di muoversi secondo ciò che impone la legge. Tutto è in fase di studio, occorre l'assenso delle prefetture e chi arriva deve avere già il permesso, come prevede il vademecum Cei. E poi c’è da considerare il fatto che in genere i profughi non vogliono restare in un posto isolato come la Sardegna». Solitamente preferiscono località nelle quali sperano di trovare un’attività lavorativa, possibilmente vicino a parenti che hanno già trovato una sistemazione. «Qualcuno che si è fatto avanti per ospitare c’è, ma se l’offerta non rispetta i canoni imposti dalla legge la generosità non può svilupparsi», dice Marcias, che si dice critico nei confronti di come viene trattata la prima fase dell’accoglienza («non vogliamo legarci ai 35 euro offerti dallo Stato»), di chi approfitta dei migranti per fare business.

Anche la Caritas di Oristano non ha ancora avuto risposte all’invito mandato ai parroci: «Probabilmente siamo ancora nella fase della richiesta di disponibilità alle famiglie, che se interessate al progetto dovremo informare dal punto di vista legale e sanitario» dice la responsabile, Giovanna Lai: il vademecum prevede infatti una fase di formazione piuttosto approfondita e la creazione di equipe di operatori diocesani e parrocchiali. «Da tenere conto poi che per la casa sono previsti requisiti particolari. Insomma, nonostante la buona volontà è difficile muoversi con velocità nell'immediato, non si può semplicemente aprire la porta».

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