La Nuova Sardegna

Archeomedicina: le donne sarde più basse per malnutrizione e malaria

di Eugenia Tognotti
Studiosi al lavoro su reperti trovati in un sito archeologico
Studiosi al lavoro su reperti trovati in un sito archeologico

A Sassari un convegno su storia di genere e studi antropologici e bioarcheologici. Dall’analisi dei resti ossei ritrovati nei siti, emergono dati nuovi e sorprendenti

29 novembre 2015
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Che le fonti storiche siano mute sulle condizioni eco biologiche della vita femminile è ben noto. In questi ultimi anni, tuttavia, gli sviluppi dell’antropologia, dell’archeologia, della paleopatologia – col supporto delle più moderne tecnologie biomediche applicate a resti scheletrici e a campioni antichi – hanno consentito di accumulare, per alcuni contesti e periodi storici, dati ed elementi di conoscenza importanti sulla vita delle donne nel mondo mediterraneo: lo stato di salute, i livelli di nutrizione, le malattie. In Italia, la messe di dati è più abbondante per la nobiltà delle corti e l’alta borghesia urbana: sono stati i resti scheletrici delle grandi dame del Rinascimento, sepolte con le loro ricche vesti e i loro oggetti di culto in sontuosi monumenti nelle Chiese e nei conventi, a consentire uno studio antropologico e paleopatologico i cui risultati si sono incrociati con i documenti scritti e persino con i dipinti: la bellissima Eleonora di Toledo, rappresentata dal Bronzino, ad esempio, appare emaciata a causa della tubercolosi.

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Questi temi sono stati al centro, nell’aula magna dell’Università di Sassari, del Convegno “Resti scheletrici come documento di salute e malattia, di vita e di morte. Per un nuovo approccio alla storia delle donne sarde”, organizzato dal Dipartimento di Scienze biomediche e dal Centro studi antropologici, paleopatologici e storici dei popoli della Sardegna e del Mediterraneo.

La gran duchessa. La “storia clinica”, ricostruita di recente, comprende, oltre a quella malattia, una forma lieve di rachitismo, e i segni scheletrici dei numerosi parti, ben undici tra i 18 e i 32 anni. I dati di base della vita femminile di cui disponiamo, derivanti da ricerche bio archeologiche, in diversi siti, e diverse parti d’Italia, dalla Toscana alla Sardegna, confermano che il rischio mortale del parto – prima che si profilassero i progressi dell’ostetricia – segnava il destino di tutte le classi sociali.

La granduchessa Giovanna d’Austria – affetta da numerose patologie, per lo più di origine congenita stando allo studio paleopatologico sui resti – morì di parto come le donne sassaresi, di cui non sappiamo il nome, ritrovate in alcune sepolture femminili nel cimitero medievale e post medievale del duomo di San Nicola nell’ambito di indagini archeologiche della Soprintendenza, in collaborazione con l’Università di Sassari . Le forbici trovate nelle mani di una delle donne – che rimanda al taglio del cordone ombelicale – aprono uno spiraglio sulle pratiche e i rituali della scena del parto in Sardegna.

Ma quali informazioni sulla vita materiale delle donne ci danno le analisi antropologiche e paleopatologiche condotte su resti scheletrici provenienti da siti diversi?

Morti per parto. Un gruppo di ricerche, condotte nell’ambito del Centro per gli Studi storici, antropologici e paleo patologici dei popoli della Sardegna e del Mediterraneo delle Università di Sassari e di Pisa, fornisce una serie di informazioni, che, per quanto riferibili a contesti ed età diverse, gettano qualche luce e suggeriscono alcune ipotesi che andranno verificate in successive ricerche, come la maggiore incidenza di patologie a carico degli arti e il peso della mortalità per il parto e le sue conseguenze sulla la durata della vita, più breve per le donne (eccetto che nel periodo prenuragico).

E, ancora, la presenza di numerosi casi di periostite (Alghero fine XIII-prima metà del XV secolo) forse connessi con cattive condizioni alimentari: una dieta povera e monotona, per di più scarsa in proteine e vitamine. Altre indicazioni sono venute dagli studi degli antropologi sull’usura dentaria . Riguardo alla dieta, lo studio in corso dei metalli, consentirà di raccogliere informazioni fondamentali.

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Relazioni mediche. Assai interessante e ricco di suggestioni il dato sull’altezza delle donne, la cui statura media (al di sotto dei 160 cm), in crescita in età romana come quella degli uomini, subisce un arresto nel Medioevo. Il parallelismo col diffondersi della malaria, il flagello millenario dell’isola, non sembra davvero una coincidenza. Memorie, relazioni mediche, fonti letterarie confermano l’influenza della malaria sul vissuto, sulla salute, e sulla morfologia. I rilevatori delle Commissioni parlamentari d’inchiesta segnalavano che nelle aree malariche dell’isola, «le donne erano per lo più di bassa statura, di costituzione debole, con voluminosi tumori di milza, afflitte da senilità precoce». Nel romanzo “Cenere” Grazia Deledda descrive le conseguenze dagli assalti delle febbri di malaria, precedute da un lungo brivido gelato: Olì, la protagonista di Cenere, sembrava una vecchia nonostante fosse nel fiore degli anni.

Una descrizione che trova conferma nelle parole accorate dell’ l’igienista sassarese Giovanni Loriga, medico provinciale a Roma, nonno di Giovanni Berlinguer. Intervenendo al primo congresso regionale sardo, promosso ed organizzato dall’Associazione fra i sardi presenti nella capitale, evocava un’immagine che solo nell’ultimo cinquantennio è stata cancellata, quella di «donne giovani che portano sul viso anemico le traccie di una decrepitezza precoce e di una sofferenza senza fine ed alle quali mancano perfino le forze per accudire ai pochi e non gravosi lavori domestici».

Grotta di Flumineddu. Nell’ambito della medicina legale offre diverse chiavi di lettura, tra medicina magico- eligiosa e medicina razionale, lo studio sul cranio di una donna nuragica in una grotta del rio Flumineddu nel quale è impegnata la professoressa Mazzeo, ordinario di Medicina legale all’Università di Sassari: il foro in regione parieto frontale destra il caso della donna di Sisaia, vissuta 4000 anni fa, il cui scheletro è conservato al Museo Archeologico di Nuoro. Alta 1 metro e 50, Sisaja aveva sofferto in vita di innumerevoli patologie. Ma l’intervento di trapanazione cranica – diffusissimo nella preistoria – a cui era stata sottoposta era perfettamente riuscito. Una pratica magica per aiutare la fuoruscita di demoni e forze maligne o una pratica chirurgica?

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