La Nuova Sardegna

querela in procura contro il dg di abbanoa

Appellativi omofobi esposto della dipendente

di Mauro Lissia
Appellativi omofobi esposto della dipendente

CAGLIARI. Dieci anni di lavoro al servizio prestazioni, all’ufficio affari legali e ai reclami ma, secondo l’accusa, per il direttore generale di Abbanoa l’impiegata Nadina Lorena Sassu (55 anni) di...

26 novembre 2015
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CAGLIARI. Dieci anni di lavoro al servizio prestazioni, all’ufficio affari legali e ai reclami ma, secondo l’accusa, per il direttore generale di Abbanoa l’impiegata Nadina Lorena Sassu (55 anni) di Alghero è «quella dell’Arcigay». Non si tratta di una voce: due avvocati cagliaritani - Francesca Corda e Bruno Cocco - hanno riferito la circostanza e il conseguente sospetto di reato alla Procura della Repubblica. Un atto di denuncia-querela di cinque pagine dove viene esposta, chiedendo che si proceda penalmente, una lunghissima sequenza di azioni definite dai legali vessatorie di cui la funzionaria sarebbe stata vittima, fino a contrarre malattie riconosciute formalmente dallo Spresal e dall’Inail, gli organismi che vigilano sulla sicurezza del lavoro e sulle malattie legate alle attività lavorative. Si tratterebbe soltanto di uno dei numerosi casi di presunto mobbing che si sono registrati ad Abbanoa e sono finiti all’attenzione del pm Giangiacomo Pilia se i due avvocati non avessero deciso di mettere nero su bianco anche le parole di taglio omofobo riferite negli uffici centrali di viale Diaz da diversi testimoni, che con ogni probabilità saranno chiamati a confermarle davanti al magistrato. In più occasioni - riferiscono gli avvocati Corda e Cocco - il dg Sandro Murtas avrebbe chiamato Nadina Sassu con l’appellativo di «Arcigay» e in altre avrebbe alluso all’omosessualità della dipendente indicandola come «quella dell’Arcigay». Questo malgrado i continui e - per i legali - immotivati trasferimenti dell’impiegata da un ufficio all’altro, con scelte costanti di demansionamento, avessero fatto precipitare lo stato di salute della donna fino a livelli di gravità certificati dai medici pubblici. La querela non è altro che un racconto dettagliatissimo - e confermato l’altro ieri dalla dipendente, esaminata dalla polizia giudiziaria - con numerosi atti allegati, di un rapporto di lavoro reso difficile da decisioni dirigenziali improvvise, che negli anni - si sostiene nell’atto di querela - hanno condotto alla sostanziale sparizione del posto di lavoro assegnato alla Sassu: privata dei mezzi di produzione indispensabili - si sostiene nella querela - e retrocessa da un ruolo di responsabilità svolto al servizio affari legali fino al contact center, ancora in questi giorni l’impiegata di Alghero, rientrata da un periodo di cure, non può lavorare perché la sua postazione non è attrezzata. Al punto che è stata la stessa direzione generale a imporle alcuni giorni di ferie, prima per stabilire quali dovessero essere le sue mansioni e poi per valutare la sua posizione anche in riferimento allo stato di salute. Salute divenuta precaria - a leggere quanto accertato dallo Spresal e dall’Inail - proprio a causa delle situazioni critiche vissute nell’ambiente di lavoro. La patologia professionale riscontrata dall’Inail vale per l’istituto di vigilanza otto punti di invalidità, come dire che l’ex addetta agli affari legali ha pagato con disturbi psichici rilevanti l’ansia maturata negli uffici di Abbanoa e lo stato di perenne incertezza in cui, secondo i suoi avvocati, ha dovuto operare in una continua e inarrestabile discesa gerarchica. Nell’atto di querela si parla di funzioni e di poteri di coordinamento cancellati, di periodi in cui l’impiegata ha dovuto lavorare senza neppure sapere quale fosse il suo referente. Il tutto in un estenuante giro di email, attraverso cui i vertici societari le hanno comunicato di volta in volta che cosa dovesse fare e in quale ufficio dovesse passare.

A leggere la querela firmata dalla stessa funzionaria e dai due avvocati gli ultimi anni di servizio sono stati i peggiori e per Nadina Sassu i periodi di malattia imposti dal suo medico specialista si sono alternati a situazioni professionali che hanno finito per aggravare il suo stato di salute: lo sostengono gli avvocati Corda e Cocco ma lo confermano i due organismi pubblici cui la dipendente di Abbanoa ha dovuto rivolgersi per vedersi riconosciuto formalmente il suo stato di malattia.

Interpellato dalla Nuova Sardegna, il dg Murtas non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione su questi fatti.

Ora l’atto di querela e il successivo verbale d’esame della dipendente verranno valutati dal pm Pilia, che ha chiuso la prima parte dell’inchiesta giudiziaria su Abbanoa contestando tre abusi d’ufficio al direttore generale Sandro Murtas e all’ex amministratore unico Carlo Marconi. Pilia è impegnato nella fase di chiusura della seconda tranche.

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