La Nuova Sardegna

Centrali elettriche, Maninchedda all’attacco di Terna

Centrali elettriche, Maninchedda all’attacco di Terna

L’assessore: azione premeditata contro il sistema industriale Regime di essenzialità a rischio, si moltiplicano gli appelli

14 novembre 2015
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SASSARI. Il pressing è fortissimo e trasversale. La questione energia fa il miracolo politico: tutti d’accordo, destra-sinistra, contro la possibile decisione dell’Authority. E fronte unico fanno anche quelli che solitamente stanno dalla parte opposta, i sindacati e la Confindustria: compatti nel dire che la revoca del regime di essenzialità per tre centrali su quattro rappresenterebbe un disastro e provocherebbe la desertificazione del già fragile tessuto industriale. La motivazione di Terna, che ha suggerito all’Authority il mantenimento dell’essenzialità solo per Assemini, non convince: unica centrale termica, è in grado di garantire, in caso di black out, la riaccensione della rete. Ma il fatto che Enel abbia già annunciato la sua dismissione alimenta i sospetti.

Maninchedda all’attacco. Da giorni, nel suo blog “Sardegna e libertà”, l’assessore ai Lavori pubblici denuncia quella che considera una scandalosa decisione contro la quale suggerisce proteste clamorose. Ora va anche oltre, ipotizzando un’azione “premeditata” per arrivare alla «distruzione del sistema industriale della Sardegna». Un “attacco” in tre mosse, secondo l’esponente della giunta Pigliaru: «La prima è il trasferimento del centro di controllo di modulazione dei carichi di Terna da Cagliari in Piemonte portando il livello decisionale fuori dalla Sardegna». La seconda è invece «la chiusura del regime di essenzialità dei maggiori impianti termoelettrici sardi così da rendere dipendente dai produttori del continente il sistema energetico isolano. In tale modo viene creata la premessa per affermare che il sistema produttivo non ha più bisogno di misure compensative per l’insularità». Infine la terza: «sarà probabilmente l’abolizione del sistema della “super interrompibilità” nato nel 2010 e ridenominato «salva Alcoa». Contro quella che considera una precisa strategia, Paolo Maninchedda invita consiglio regionale e parlamentari a reagire «come hanno fatto i catalani».

Gli appelli. Dal governatore Pigliaru ai parlamentari: tutti chiedono al governo di fare marcia indietro. Per il pressing c’è tempo sino al 27: quel giorno l’elenco delle centrali escluse difenterà definitivo. (si. sa.)

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