La Nuova Sardegna

“Conquistato” il poligono tra manganelli e fumogeni

di Mauro Lissia
“Conquistato” il poligono tra manganelli e fumogeni

Teulada, scontri con la polizia alla manifestazione contro Trident: due feriti

04 novembre 2015
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INVIATO A TEULADA. Alla fine ce l’hanno fatta: oltre i confini estremi del poligono di Teulada, mentre l’eco dei proiettili d’artiglieria pesante sfumava a causa dell’intrusione (versione A) oppure perché (versione B) nel più grande campo d’addestramento militare d’Europa era scoccata l’ora della tregua. È stato un gruppetto di manifestanti, non più di una decina, a sprintare sulla fanghiglia di un istmo che attraversa lo stagno di Porto Pino e conduce alla base, coi poliziotti in assetto antisommossa colti di sorpresa ma abbastanza tonici da manganellare come fosse un dovere d’ufficio le frange di pacifisti che provavano a seguirne le tracce. Lo scontro sarà durato sei-sette minuti: il tempo di sparare un paio di fumogeni d’ordinanza, di ferire alla testa un giovane e alla mano un quarantenne.

Finale previsto. Ma era nell’aria, sembrava che la manifestazione contro la Trident Juncture in corso al poligono di Teulada non potesse concludersi con gli insulti di sempre, i cartelli a foras sos militares e il resto del repertorio anti-basi. Ad annunciare la breve battaglia era stato il rigore preventivo del questore Danilo Gagliardi, i suoi fogli di via e lo schieramento davvero imponente di polizia, carabinieri e guardia di finanza.

Le identificazioni. Bloccati i ponti sul canale di Porto Pino, circa trecento manifestanti fra cui alcuni disabili, donne della terza età e ragazzi si erano ritrovati alle 10.30 nel parcheggio grande della frazione balneare lasciandosi dietro i tre pullman con il grosso del corteo. Attesa snervante, legata al rigore della polizia impegnata a identificare uno ad uno i passeggeri dei mezzi arrivati da Cagliari, obbiettivo smascherare i dodici giovani gravati dal foglio di via. Questo è stato il punto di svolta della manifestazione, perché sarà stato almeno mezzogiorno quando i dodici hanno accettato di andare fino alla stazione dei carabinieri di Giba per autoconsegnarsi. Un modo saggio di sbloccare la situazione e di lasciare che gli altri proseguissero fino al punto di ritrovo, per unirsi al resto del corteo. Mentre questo accadeva, i manifestanti guidati da Massimo Coraddu, con Angelo Cremone e il suo cane, Bustianu Cumpostu, Gavino Sale e gli altri aveva deciso di rompere gli indugi e andarli a prendere fino al bivio di Is Pillonis, strada verso Masainas.

Sale la tensione. Ed è quando i due contingenti si sono fusi che insieme alla stanchezza s’è sentita l’aria dello scontro: seguendo una strategia incomprensibile a chi non abbia cognizioni certe sulla sicurezza, i furgoni corazzati della polizia hanno prima sbarrato la strada verso Porto Pino, lasciando un gruppo di agenti schierati a coprire le retrovie. Hanno aperto il varco solo quando il corteo - non meno di 800 persone tra Collettivo studentesco, Rete no Basi, Cagliari social forum, Sardegna Pulita, Sardigna Natzione, Emergency, Fronte indipendentista unidu e altri, sotto bandiere a quattro mori e molte falci e martello - ha aggirato l’ostacolo passando per i campi. Fin qui solo scaramucce, slogan, canti e l’inevitabile mitragliata di insulti recitati in diversi idiomi e rivolti ad agenti colpevoli - ricordo di questi giorni, lo scrisse Pasolini nel 1968 - di fare il proprio lavoro. Lo scontro frontale si è verificato alle 13.30: alcuni manifestanti si sono staccati dal corteo per imboccare uno stradello laterale che conduce alla base. Fermati e identificati dai militari, ora rischiano una denuncia. A polizia e carabinieri non è rimasto che sbarrare la strada al fiume di manifestanti che cercava di raggiungerli.

Gli scontri. Risultato: mulinio di manganelli, una carica eseguita quasi in retromarcia, urla, slogan, lacrimogeni a vantaggio di fotografi e operatori tv mentre le esplosioni scemavano. Il resto sono parole: se per Cremone il colpevole di tutto è il questore («andremo a Cagliari davanti al suo ufficio») e per l’attivista Nicolino Piras la conquista pacifica della base segna la vittoria degli antimilitaristi, Cumpostu ed altri hanno dato appuntamento a Santa Giusta, dove si discuteranno nuove iniziative per liberare l’isola dalle basi Nato: «Siamo stanchi di queste guerre, se ne devono andare».

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