La Nuova Sardegna

il retroscena

Ma chi è Michael Harte? I suoi “santuari” neozelandesi appartengono allo Stato

di Piero Mannironi
Ma chi è Michael Harte? I suoi “santuari” neozelandesi appartengono allo Stato

Al finanziere che si è comprato l'isola di Budelli e che ha dichiarato di voler rendere il mondo un posto migliore viene attribuita la proprietà di tre isole nella sua patria. Ma non sono sue 

30 ottobre 2015
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SASSARI. Nel maggio dello scorso anno, in un'intervista concessa alla giornalista australiana Paris Cowan poco prima del suo ingresso nel management della Barclays Bank di Londra, Michael Harte giurò che nonostante lo stipendio di svariati milioni di dollari la proprietà di un'isola del Mediterraneo, tutto ciò che voleva fare era «rendere il mondo un posto migliore». Battuta che alludeva a una visione della vita lontana dall'immagine di un dirigente di un colosso mondiale dell’universo bancario che comunque non sempre ha brillato per le sue scelte etiche.

Una battuta, quella di Harte, che lasciò perplessa la giornalista australiana che infatti si pose la domanda: «Ma può un Ceo (amministratore delegato) rendere davvero il mondo un posto migliore?».

Ma chi è davvero Michael Harte? Cosa si sa di questo businessman neozelandese che ha guidato la Commonwealth Bank di Sydney in una complessa rivoluzione tecnologica, passando poi nel management della Barclays di Londra? Sicuramente gran parte del suo successo e della sua capacità di fascinazione nascono dalla sua sorridente naturalezza nel conciliare fredde e ciniche strategie bancarie con una sensibilità ambientalista rara. Quando infatti è arrivato in Italia per comprare l'isola di Budelli, il suo biglietto da visita era rappresentato dal fatto che si diceva avesse acquistato tre isole in Nuova Zelanda e che, dopo averle trasformate in santuari della natura, avesse attivato un sistema di turismo “dolce” e poco impattante. Insomma, rispettoso dell'ambiente.

Ma vediamo quali sono queste tre isole. La prima si chiama Tiritiri Matangi, 221 ettari, 30 chilometri a nord est di Auckland. Fino al 1970 l'isola è stata utilizzata per il “farming”, cioè l'agricoltura e soprattutto l'allevamento del bestiame, subendo un grave danno ambientale. Nel 1979 l'università di Auckland propose un'iniziativa pubblica per reimpiantare la vegetazione originaria e reintrodurre la fauna nativa. Il programma di ristrutturazione ambientale fu affidato a una società, la “Supporter of Tiritiri Matangi”, incaricata di cercare fondi e volontari. Sotto il controllo del Department of conservation (il ministero dell'ambiente neozelandese) l'operazione andò in porto: nel 1993 risultavano piantati ben 240mila alberi ed eliminati tutti gli animali predatori. Titiri Matangi è stata così “risanata” ed è diventata un santuario della natura, visitato ogni anno da 16mila persone (soprattutto studiosi e studenti).

Nel dicembre del 2011 è stato firmato un protocollo d'intesa tra il Department of conservation e la società “Supporter of Tiritiri Matangi”, nel quale sono state fissate le regole di gestione dell'isola diventata una “Riserva scientifica”. Nella seconda pagina del documento viene chiarito che la proprietà di Tiritiri Matangi è del Department of conservation. Cioè dello Stato neozelandese. E Harte? Il suo nome non compare da alcuna parte. Neppure nel lungo elenco degli sponsor e di coloro che hanno fatto donazioni.

Ma il nome del businessman neozelandese non compare neppure nella seconda isola della quale gli viene attribuita la proprietà. E cioè Mana Island, 217 ettari, a poche miglia dalla capitale Wellington. La proprietà dell'isola era originariamente della corona britannica che la concesse in affitto. Per oltre un secolo e mezzo Mana Island fu data in affitto a una famiglia di origini genovesi, i Vella. Nel 1971, tornò alla proprietà pubblica. Anche Mana Island è stato teatro di un’operazione di ristrutturazione ambientale (alla quale ha partecipato, la società “Friends of Mana Island”) con il reimpianto di 500mila alberi. Oggi è una riserva scientifica.

E il nome di Harte non compare neppure nella terza isola, Matakohe-Limestone Island. Estesa 40 ettari si trova nel golfo di Whangarei. Vi aveva sede una fabbrica di cemento di proprietà della società Golden Bay Cement che, nell’aprile del 1989, cedette per un dollaro l’isola al Whangarei City Council. Cioè al distretto metropolitano della città di Whangarei. Come nelle altre due isole, il governo neozelandese, insieme a una società creata ad hoc (la “Friends of Matakohe-Limestone Island”) portò avanti una complessa operazione di recupero ambientale. Oggi l’isola è una riserva scientifica.

Conclusione: Michael Harte è proprietario di una sola isola. Ed è Budelli.

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