La Nuova Sardegna

Giochi di guerra: sempre più forte il no a Trident

Giochi di guerra: sempre più forte il no a Trident

Sale la protesta contro la maxi esercitazione della Nato Sel, Cd e Rossomori: «Pigliaru è stato troppo timido»

22 ottobre 2015
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CAGLIARI. Il gioco di guerra «Trident Juncture 2015» è al primo lancio di dadi e subito ha alzato la voce chi è contrario alla prova muscolare della Nato, in Sardegna e non solo. È talmente coinvolgente, la protesta, seppure la voce della Regione non si sia ancora sentita per sollecitare almeno «maggiore sobrietà militare», che il 31 ottobre i pacificisti invaderanno Cagliari e il 3 novembre tenteranno la controccupazione della Base di Teulada.

Il via. La più grande esercitazione dell’Alleanza dalla caduta del Muro di Berlinoi è cominciata in queste ore fra Decimomannu, Teulada e Capo Frasca. Saranno giorni d’assalti, voli d’attacco, bersagli da colpire, altri da proteggere e di bombe, inerti secondo il portavoce di un generale americano. È «necessaria per il sottosegretario alla Difesa Domenico Rossi, «perché con quanto accade nel Mediterraneo, avere forze armate addestrate è sintomo di sicurezza per tutto il Paese». Rossi l’ha detto in una cerimonia a Pula per l’inaugurazione della targa in memoria del maggiore Giuseppe La Rosa morto in Afghanistan nel 2003. Poi nel pomeriggio, si è incontrato con il presidente della Regione, per rimettere assieme la trattativa destinata ad alleggerire l’eccessivo peso delle servitù militari in Sardegna.

La protesta. È stata su più fronti. Quello politico con la mozione presentata dal gruppo di Sel in Consiglio regionale e firmata dal Centro democratico, dai Rossomori e da un solo consigliere del Pd, Valter Piscedda. Su «Trident il presidente della Regione finora è stato troppo timido Oggi Pigliaru deve rovesciare il tavolo del confronto e difendere l'autonomia della Sardegna, senza accontentarsi di decidere solo il colore delle tendine», hanno detto uno dopo l’altro Eugenio Lai, Daniele Cocco, Francesco Agus e Luca Pizzuto. Ora al loro presidente, fanno parte della maggioranza, chiederanno spiegazioni con la mozione presentata a un anno esatto dall’ordine del giorno con cui il Consiglio impegnava la Giunta a «ridimensionare il peso di servitù ed ercitazioni». E invece «ancora una volta – hanno sottolineato– la nostra terra è diventata scenario di guerra. La Sardegna ha già dato e non deve dare altro» Per Sel, «Trident è un punto di non ritorno: «Il ministro della Difesa ha dato l’assenso senza tener conto del parere contrario del Comitato paritetico e dimenticandosi che, a suo tempo, la Regione non ha firmato la convenzione con lo Stato per il rinnovo delle servitù militari», Per Emilio Usula (Rossomori). «quello del ministro è stato un atto unilaterale e brutale». A cui i sardi – ha annunciato Roberto Desini del Cd. – «potranno opporsi con un referendum che organizzeremo nei territori». È una partita tutta da giocare, ha aggiunto da Roma il deputato del Cd Roberto Capelli «come minimo dobbiamo essere capaci di monetizzarla con i giusti indennizzi». I tre senatori sardi Luciano Uras (Sel) Silvio Lai (Pd) e Emilio Floris (Fi) hanno sollecitato una risposta urgente del ministro. «La Sardegna – hanno scritto nell’’interrogazione – non può pagare ancora un prezzo così alto per la difesa della comunità internazionale ed essere trascurata dallo Stato soprattutto nelle bonifiche dopo le esercitazioni». Per il senatore Roberto Cotti (M5S): «È immorale continuare a essere il bersaglio della Nato».

I pacifisti. La Tavola della Pace, in cui si riconoscono le associazioni, ha prima organizzato un sit-in in Consiglio regionale e protestato poi in maniera silenziosa nella banchina, a Cagliari, dove sono attraccate le navi militari turche per «fermare l’eccidio di curdi e armeni». Nel passaparola in piazza ha detto: «La Sardegna deve investire sul sole e non sui cannoni». Se la Regione non la farà – ha aggiunto il portavoce Angelo Cremone – «saranno i sardi a non subire più passivamente l’attacco dello Stato e della Nato». Per il Social forum «è evidente che la Sardegna non vuole essere più terra di conquista e tanto meno colonia» . Finora dallo Stato – è stata la conclusione dell’indipendentista Pierfranco Devias – abbiamo ricevuto atti d’aggressione e di prepotenza».

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