La Nuova Sardegna

È così che ha inizio il male, vita e destino per Javier Marìas

di Giuseppe Mussi
È così che ha inizio il male, vita e destino per Javier Marìas

Ombre del passato e del presente in una coppia apparentemente felice Il gioco misterioso di singole esistenze rimanda a una realtà più grande

19 ottobre 2015
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Dovremmo trovarci nell’era della massima laicizzazione delle relazioni e dei rapporti, eppure sempre più scrittori sembrano volersi fermare a osservare, prima di restituirla attraverso la narrazione, una realtà che sembra totalmente dominata da un violento determinismo; un caso che appare sì oscuro a chi ne subisce i capricci, ma che sembra avere disegni nitidissimi riguardo ai destini delle persone.

E che le dinamiche relazionali interessassero uno scrittore come Javier Marìas si era avuto modo di constatarlo abbondantemente, fino al recente “Gli innamoramenti”. Ora, a tre anni di distanza, esce “Così ha inizio il male” (Einaudi, pp. 451, 21 euro), a spostare l’indagine relazionale dello scrittore spagnolo su un piano ancora più universale, come già suggerisce la solennità del titolo. Nella cornice della Madrid degli anni Ottanta, in cui grava vividissima l’ombra del frachismo, un giovane Juan De Vere viene assunto come assistente dal regista Eduardo Muriel che vive con la moglie Breatriz Noguera e i loro figli in una grande casa della capitale spagnola. L’apparentemente felice unione mostra però al giovane assistente una realtà estremamente inquieta e misteriosa, dominata dallo sdegno e dal rifiuto che il regista esprime costantemente nei confronti della moglie. Rimarremmo a una voyeuristica raccolta di “scene da un matrimonio” cui l’occhio esterno di Juan De Vere assiste, se non fosse che proprio Muriel, spinto dai sospetti inoculati da alcune voci sulla vita del dottor Van Vechten, non decidesse di affidare al giovane una sorta di indagine sulla sospetta amicizia che la moglie intrattiene da tempo con lo stesso uomo, colpevole – forse – di un fosco passato. Per De Vere sarà una discesa nelle tenebre – parallele – delle ambiguità dell’unione matrimoniale e della lunghissima dittatura spagnola.

Colpisce del romanzo non solo la capacità di spostare dal piano personale, quello dell’intimità relazionale di una coppia, a quello universale della terribile esperienza franchista, come una funzionale metafora ricchissima di simboli, ma anche l’insistenza sulla circolarità delle storie e della storia, la sostituibilità dei personaggi come veicoli di una simbologia più grande della vita. Marìas vuole far emergere i meccanismi, vuole esplorare come il determinismo sadico del destino travolta le singole esistenze facendo deflagrare, insieme, in una contemporaneità continua e assoluta le ombre del passato e del presente. Come se la vita fosse un teatro di comparse, sempre diverse eppure sempre investite dello stesso ruolo, che recitano circolarmente la tragedia della Storia.

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