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Evasione fiscale in Costa Smeralda, la Cassazione dice no a Fiordalisi

di Giampiero Cocco
Evasione fiscale in Costa Smeralda, la Cassazione dice no a Fiordalisi

Confermato il dissequestro dei beni per 133 milioni al tributarista milanese Stefano Morri. Vacilla l’inchiesta sul passaggio del pacchetto azionario tra la Colony Capital di Barrack al Qatar

18 settembre 2015
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TEMPIO. La Corte di cassazione ha confermato, su istanza del procuratore generale, il dissequestro deciso nel marzo scorso dal Tribunale del riesame di Tempio Pausania sui beni dell'avvocato Stefano Morri. Il tributarista milanese è indagato dalla Procura per la presunta evasione fiscale da 133 milioni di euro contestata nell'ambito dell'inchiesta sulla vendita del pacchetto azionario della Costa Smeralda dalla Colony Capital di Tom Barrack al fondo sovrano delll’emiro del Qatar.

Il capo della procura di Tempio Domenico Fiordalisi, nel febbraio scorso, aveva disposto un clamoroso sequestro cautelativo sui beni dell’avvocato milanese, congelandogli conti correnti, ville, moto e Ferrari per un valore stimato di oltre 13 milioni di euro. I legali del tributarista milanese, gli avvocati Agostinangelo Marras e Francesco Arata, impugnarono il provvedimento di sequestro – disposto dal gip su richiesta degli uffici inquirenti – davanti al tribunale del Riesame, che decretò, nel marzo scorso, il dissequestro. La reazione del capo della Procura fu immediata e particolarmente forte, con un ricorso per cassazione nel quale, oltre a illustrare giuridicamente le ragioni di opposizione, adombrava perplessità su «un collegio giudicante, ad hoc, che ha adottato un provvedimento abnorme», affermazione pesantissima e sopra le righe che fece scattare gli accertamenti della magistratura isolana nei confronti del capo della procura gallurese, al quale venne chiesto conto di tali affermazioni.

Ieri l’altro la decisione della Corte Suprema, che ha accolto le conclusioni del procuratore generale e della difesa confermando, totalmente, le argomentazioni poste a sostegno del provvedimento di dissequestro deciso nel marzo scorso dal tribunale del Riesame di Tempio. «La decisione della suprema corte – ha spiegato ieri il cassazionista sassarese Agostinangelo Marras, che assiste il collega Stefano Morri –, deve riportare ad una rivisitazione, anche sul piano fiscale, dell'intera indagine avviata dalla procura della Repubblica di Tempio su una compravendita internazionale avvenuta, tra soggetti stranieri, in territorio europeo, non italiano».

A far scattare l’indagine condotta personalmente del capo della procura e affidata agli uomini della polizia tributaria del comando provinciale della guardia di finanza di Sassari erano state le indiscrezioni trapelate su quello che venne denominato il “Progetto Saturno”, un insieme di azioni che portarono alla compravendita della Costa Smeralda e attribuite dalla Procura all’avvocato Stefano Morri «con la costituzione della Colony Sardegna srl al fine di evadere sistematicamente il fisco italiano attraverso operazioni razioni societarie tramite l’interposizione della Colcom srl per la cessione dal gruppo Colony al gruppo del Qatar delle quote della Smeralda holding, al fine di evadere le imposte sulla plusvalenza generata dalla vendita mediate l’omessa presentazione delle dichiarazione dei redditi», Un canovaccio accusatorio che era stato ritenuto non sufficientemente provato dal tribunale del Riesame perché «manca del tutto la dimostrazione dei relativi elementi a supporto. In particolare – scrissero i giudici del Riesame – dal 2005 al 2011 l’unico elemento fattuale contestato al Marri e il comparire, in alcuni verbali di assemblea del soci delle controllata Smeralda Holding, su mandato e delega della controllante Colony Sardegna srl». Un ruolo, quello dell’avvocato tributarista, confermato negli interrogatori ( ancora secretati) resi al capo della procura gallurese dai due reali artefici dell’operazione, Tom Barrack e Franco Carraro di Banca Unicredit.

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