La Nuova Sardegna

La storia mineraria si tinge di giallo

di Fabio Canessa
La storia mineraria si tinge di giallo

A Cagliari l’apertura di Marina Cafè Noir: Otto Gabos presenta “L’illusione della terraferma”

02 settembre 2015
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Nato a Cagliari, Otto Gabos (vero nome Mario Rivelli) da trent’anni vive a Bologna dove si è affermato come illustratore e autore. Con il suo nuovo romanzo grafico, “L’illusione della terraferma” in uscita per Rizzoli (prefazione di Marcello Fois), apre oggi la tredicesima edizione del festival “Marina Café Noir”. L’appuntamento è alle 18.30 al Bar Florio, in via san Domenico, quartiere storico di Villanova, con il fumettista che sarà intervistato da Bepi Vigna. «Sono davvero contento - racconta Gabos - di questa presentazione in anteprima a Cagliari. Ci tenevo molto a iniziare qui nell’isola».

E poi la storia è ambientata in Sardegna. Come nasce questa scelta?

«Da parecchio tempo volevo ambientare qualcosa in Sardegna, in particolare nel Sulcis minerario. Dopo aver fatto un breve albo sull’eccidio di Buggerru, per la collana “Storia della Sardegna a fumetti”, mi son deciso ad affrontare la realizzazione di questo romanzo la cui storia si sviluppa a Carbonia durante il fascismo. Esattamente nel 1939, a un anno dalla fondazione della città e quando è appena scoppiata la Seconda guerra mondiale con l’invasione della Polonia da parte dei tedeschi».

Solo Carbonia?

«No, anche Iglesias. E c’è una parte pure a Carloforte».

Ma perché l’interesse specifico per quella zona?

«Raccontare questa storia è stato per me anche confrontarmi con dei ricordi. Mia madre per tanti anni è stata insegnante elementare in diverse scuole del Sulcis. Le avevano anche assegnato la sede di Campo Romano, quartiere popolato da minatori. E ricordo di aver fatto delle visite in quei luoghi e di esserne rimasto molto colpito. Questi sono i presupposti sui quali ho poi impiantato la storia con protagonista un commissario di polizia».

Che personaggio è?

«Si chiama Ettore Marmo, è toscano e viene sbattuto in Sardegna per punizione perché dopo essersi distinto nella campagna di Spagna e in Etiopia ha una relazione con la moglie del prefetto di Roma. Detesta la Sardegna, odia il mare e si fa portare spesso in macchina dall’autista a Calasetta per vedere davanti a lui l’isola di San Pietro e avere così l’illusione di stare sulla terraferma e non su un’isola. La storia, che si può definire noir, parte quando sulla riva trova un cadavere senza testa».

Si era già confrontato con il genere noir?

«Come autore e disegnatore è il mio esordio, però avevo già frequentato il genere illustrando un romanzo grafico scritto da Loriano Macchiavelli e lavorando a un altro con Pino Cacucci. In questo caso invece ho scritto io la storia e per la prima volta nella mia produzione di fumetti non c’è un momento fantastico, onirico che di solito metto sempre».

Che tipo di ricerche ha svolto prima di mettersi a scrivere e disegnare?

«Ho letto diversi libri, sono andato lì, ho girato a Carbonia, parlato con le persone. Ho avuto anche la possibilità di consultare l’archivio fotografico minerario di Monteponi. E poi sono sceso nelle miniere. In appendice al libro c’è qualche foto che ho fatto. È stato un momento di immersione in quei luoghi e nel passato molto importante per le cose che ho scoperto, per le persone che incontrato, e di aiuto anche per le cose che farò in seguito. Se tutto va bene andrò avanti con questa narrazione legata alla Sardegna».

Ma perché come cornice ha scelto proprio il periodo della Seconda guerra mondiale?

«Sono da sempre quasi ossessionato da questo periodo e spesso nei miei libri si vedono delle tracce. Avevo fatto per esempio molti anni fa un piccolo romanzo ambientato a Cagliari, “Sotto le bombe di maggio”, che parlava dei bombardamenti del 1943».

Cagliari che ha lasciato tanto tempo fa. L’isola le stava stretta come al commissario Ettore Marmo?

«Amo la città e la Sardegna. Sono andato via per curiosità, volevo fare fumetti e a Cagliari non c’erano grandi possibilità anche se devo dire avevamo un circolo di fumetti bellissimo in cui c’erano Bepi Vigna, Antonio Serra, Michele Medda, Vanna Vinci. Ero irrequieto e colsi l’occasione di andare a Bologna dove c'erano tanti autori di fumetti, dove era già andato per esempio Igort. È stata quasi una tappa obbligata e lì sono rimasto».

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