La Nuova Sardegna

Redentore, Candelieri e altre feste sarde: se la tradizione fa flop

di Silvia Sanna
La sfilata del Redentore 2015
La sfilata del Redentore 2015

Costumi taroccati e alcol a fiumi: come cambiano pelle i rituali del passato

27 agosto 2015
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SASSARI. In principio furono le scarpe, inguardabili le zeppe che spuntano sotto le ampie gonne plissettate. Ma vuoi mettere la comodità se devi macinare chilometri? Poi il trucco, rossetto fuoco e phard a colorare visi pallidi. Ma anche il chewingum con il suo ruminare poco elegante. Ora spuntano i costumi taroccati, con un banale cotone che sostituisce il più classico e pesante orbace. Ma anche fazzoletti che non ci sono più, ricami inesistenti, colori stinti. L’ultima edizione del Redentore ha riacceso una polemica che va avanti da anni. Sulle feste tradizionali, religiose o laiche, si scontrano punti di vista differenti. A iniziare dal concetto stesso di tradizione. Per esempio: i fischi o gli applausi al sindaco di Sassari durante i Candelieri sono un rituale da rispettare o rischiano di svilire il significato profondo della processione dei Ceri? Gli esperti non hanno dubbi. In tutti i contesti, se non si vuole offendere la tradizione, la parola d’ordine è stile: il rispetto del rituale impone misurazione e sobrietà. Gli eccessi, declinati in varie forme, sono sgradevoli e fuori luogo.

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Le polemiche più recenti riguardano le ultime edizioni del Redentore e dei Candelieri. Se a Nuoro Franca Rosa Contu, esperta dell’Isre, ha criticato in diretta tv la foggia di alcuni costumi, a Sassari non sono piaciuti gli insulti, spesso volgari, rivolti al sindaco e all’amministrazione comunale, ma anche ad alcuni gremianti. Ovunque, invece, non piace la festa trasformata in sagra alcolica: birra a fiumi, stravaganze etiliche che fanno a pugni con la tradizione. Dove è finito lo spirito autentico dell’evento, quel senso dell’identità e dell’appartenenza cucito nel dna dei sardi?

La tradizione, per essere autentica, deve rivivere negli sguardi, negli atteggiamenti e negli occhi dei protagonisti. Sos istranzos, i visitatori, devono percepire fierezza, fede e partecipazione. Solo così l’evento ha un senso, perché emoziona. Altrimenti si trasforma in una cartolina sbiadita, fotocopiata tante volte, a uso e consumo dei turisti. «I primi ad accorgersene però sono proprio loro, i turisti capiscono se sono di fronte a uno spettacolo autentico o a una rappresentazione malfatta». Bachisio Bandinu, giornalista, antropologo e scrittore, autore di vari testi dedicati alle feste tradizionali, dice che la tradizione va calata nella realtà, va riammodernata senza stravolgerla».

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Bandinu parla del Redentore, delle recenti polemiche. E smorza i toni, perché «sulla scelta dei tessuti e sui ricami degli abiti non è il caso di essere troppo fiscali. Alcuni tessuti del passato non si trovano più facilmente – spiega – oppure sono troppo pesanti e inadatti per eventi che si svolgono in estate». Ma alcune cose devono essere evitate. «È impossibile, e non avrebbe senso, imporre a tutte le partecipanti lo stesso modello di calzatura. Ma una certa uniformità è possibile. Le scarpe devono essere sobrie, non eccentriche, per non stonare con l’abito». Anche nel trucco del viso bisogna avere moderazione: quello troppo accentuato è fuori luogo, «l’effetto pagliacciata è dietro l’angolo, l’accozzaglia di colori infastidisce la vista e non si addice all’evento». Ma c’è anche un altro aspetto, forse ancora più importante. «Tra le situazioni più fastidiose alle quali mi è capito di assistere – dice Bachisio Bandinu – ricordo una edizione di Sant’Efisio a Cagliari. Alcune ragazze sulle traccas familiarizzavano con il pubblico: sorrisi, scambi di battute, gesti per darsi appuntamento. Mentre i ragazzi lanciavano lazi sul pubblico e ridevano. Mi sono chiesto: ma che c’entra tutto questo?»

Bandinu parla anche dei Candelieri. «La tradizione dei fischi o degli applausi c’è sempre stata. Ma la Faradda non può diventare una tribuna politica. L’opposizione va fatta da un’altra parte, in altri palcoscenici. Insultare un sindaco svilisce l’evento, la processione di ringraziamento all’Assunta – aggiunge Bandinu – richiede raccoglimento». Altrimenti rischia di trasformarsi in un talk show in cui vince chi grida di più.

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