La Nuova Sardegna

Riforma della sanità, parla Arru: «Pronti al dialogo con tutti, ma il riordino non si discute. Nessun ospedale cancellato»

di Luca Rojch
Luigi Arru, assessore regionale alla Sanità
Luigi Arru, assessore regionale alla Sanità

L'assessore regionale: «Una rivoluzione epocale che migliorerà l’assistenza. Strutture connesse in cui si esaltano le eccellenze». Smorzata la polemica con i sindaci: non si perderanno posti di lavoro

18 agosto 2015
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SASSARI. Non ci sta a passare come l’assessore mannaro che armato di accetta ha fatto a pezzi la sanità. Luigi Arru in queste settimane è diventato il nemico numero uno di molte comunità certe che il loro ospedale sarà tagliato dalla riforma. «Non sarà così – spiega Arru –. E per prima cosa non parliamo di riforma. È una riorganizzazione, che punta solo a una cosa: rendere migliore l’assistenza ai pazienti di tutta l’isola».

Arru mette qualche paletto. Nessun posto di lavoro tagliato, nessun ospedale chiuso. Pronto al dialogo e all’accoglimento di proposte che si armonizzino con il riordino. «Ma la sua filosofia di fondo non può essere cancellata – dice –. È inevitabile portare avanti questo riordino. Dobbiamo ridurre i doppioni, creare strutture più efficienti e riorganizzare il numero dei posti letto previsti dalla legge».

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Il riordino. La giunta Pigliaru con coraggio ha deciso di mettere mano al caos della sanità nell’isola e ha riformato l’anarchia che aveva trasformato ogni ospedale in una piccola repubblica autonoma e indipendente. «Un sistema che non poteva più reggere – spiega Arru –. Per prima cosa una legge nazionale impone la razionalizzazione per accedere a 250 milioni di euro per ristrutturare gli ospedali. Poi serve introdurre un riequilibrio dei posti letto, che devono essere 3,7 ogni mille abitanti. Ma il concetto fondamentale è quello di rete. Dobbiamo pensare alle strutture ospedaliere come una rete iperconnessa, in cui si esaltano le eccellenze».

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La struttura. La Regione vuole creare due ospedali di secondo livello ad alta specializzazione (hub). Saranno Sassari e Cagliari. E dovranno servire una popolazione di almeno 600mila persone. Quelli di primo livello (spoke) saranno cinque: Nuoro, Olbia, Oristano, San Gavino, Lanusei e Carbonia-Iglesias. Gli altri ospedali, oltre una ventina, diventeranno dei presidi di assistenza di base. Lo spirito del riordino ruota intorno a questa divisione che parte da due concetti chiave. «La creazione di una rete in cui ci sia dialogo tra tutti i centri – continua Arru – e la garanzia che entro 60 minuti tutti i cittadini saranno assistiti da un centro di alta specializzazione nell’isola».

La protesta. Ma l’assessore e la riforma si scontrano con la protesta delle comunità che vedono nel proprio ospedale, anche se piccolo, come un simbolo del prestigio cittadino. Da Tempio a Ghilarza sale la protesta. Comunità certe, certissime che i loro ospedali saranno chiusi o ridimensionati a favore di quelli dei centri vicini. A Tempio si è parlato di un blitz di Ferragosto che ha accorpato tre reparti in uno. E forse non è del tutto errato.

«I progetti di riordino riorganizzano anche gli ospedali – continua Arru –. In alcuni casi per esempio i reparti in cui è prevista l’attività di chirurgia ci sarà una sorta di accorpamento, ma sempre all’interno di una logica di rete e di efficienza. I reparti diventeranno divisioni, ma sempre in un’ottica di struttura che ha al centro la cura del paziente». Di fatto la riforma prevede il taglio di 62 primari, 18 sono già vacanti. Ma la protesta riguarda un po’ tutti gli ospedali dell’isola fuori dai primi due gradini dello schema. Protesta Muravera, protestano diversi ospedali di Cagliari e Alghero. Tutti sostengono di essere stati declassati.

Dialogo. L’assessore è pronto al dialogo. «Credo che questo non sia mai accaduto – dice –, un progetto che viene costruito insieme alle comunità. Siamo pronti a spiegare il riordino a chiunque ad analizzare le istanze. Dialogheremo con tutti. Ma certo lo spirito non può essere stravolto. Senza questo riordino non si può pensare di portare avanti la sanità». La Regione paga di tasca ogni anno 3,2 miliardi di euro per la sanità, il riordino consentirebbe di risparmiare 135 milioni di euro.

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Lo studio. L’assessore non ha dubbi. La concentrazione porterà a una iperspecializzazione che consentirà di trattare i pazienti critici in centri ad alta tecnologia e preparazione, mentre in altre strutture ci saranno i pazienti cronici. «Esiste uno studio che mette in evidenza come il basso numero di pazienti e di casi porta più facilmente a un decorso negativo della malattia». In altre parole nei reparti in cui si trattano pochi casi c’è più possibilità che qualcosa non vada per il verso giusto e per il paziente ci siano complicazioni.

Ma c’è di più. «Per prima cosa i centri di eccellenza saranno presenti in tutto il territorio – conclude–, sempre per tornare al concetto di rete. E l’invecchiamento progressivo della popolazione unito al basso indice di natalità porta la sanità a offrire sempre più assistenza per malattie croniche che si presentano in età avanzata. Ecco che le strutture in grado di dare questo tipo di assistenza devono essere sempre di più e devono diventare più centrali».

Laboratorio Sardegna. Arru ci tiene a portare avanti la sua rivoluzione dei camici bianchi. «Non ci saranno più gli ospedali tradizionali, chiusi – conclude l’assessore –. Ci saranno strutture aperte e dialoganti, con équipe pronte a spostarsi da un centro all’altro. Abbiamo dato vita a un cambio epocale nella sanità e siamo pronti a spiegarlo anche a chi oggi innalza le barricate».

@LucaRojch

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