La Nuova Sardegna

Sulle ali di Time in jazz con Peirani e Bollani

di Walter Porcedda
Sulle ali di Time in jazz con Peirani e Bollani

Nella notte di Ferragosto sipario sulla rassegna di Berchidda

17 agosto 2015
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INVIATO A BERCHIDDA. Il gioco dei contrasti vola sulle ali di Time in jazz. Dopo il concerto lirico e intenso di Lars Danielson con il suo progetto “Liberetto II”, denso di atmosfere meditative e magnetiche tipiche del sound nordico, ecco infatti la successiva esplosione di blues e rock’n roll dei coinvolgenti americani The Rad Trads – attivi tutti i giorni con happening itineranti nelle vie del centro del paese – che hanno salutato il pubblico del festival nell’ultima serata ferragostana con un supplemento di musica dal palco principale della centrale piazza del Popolo. Cioè il cuore spettacolare della rassegna da ventotto edizioni, che nell’ultima serata, come la precedente di sabato, ha registrato il tutto esaurito.

E che Paolo Fresu, nelle vesti di direttore artistico (ma anche come musicista si sarebbe tentati di dire) ami il gioco dei contrasti, anche forti, è apparso evidente sin dalla prima serata dove sul palco centrale si alternavano il jazz quadrato e classico del duo Barron-Holland al progetto sperimentale, molto acido ed elettrico del chitarrista franco vietnamita Nguyen Le, dedicato alla rivisitazione di “The Dark Side of the Moon”, album seminale dei Pink Floyd. A quello della penultima serata dove il Danish trio di Bollani si è confrontato con il quintetto diretto dal fisarmonicista transalpino Vincent Peirani.

Salutare gioco dei contrasti che proprio per l’occasione ha permesso di poter apprezzare al meglio la straordinaria freschezza e l’originalità del progetto messo in campo dal dinamico e agguerrito quintetto francese, guidato dal fisarmonicista Peirani.

Un set che ha offerto un ben calibrato mix di profumi, i più diversi. Tali da evocare i balli delle guinguette come i caffè parigini, ma pure i suoni yddish o l’intreccio ritmico e musicale delle orchestre blues della Louisiana. Insomma una miscela ben congegnata di jazz e world ma con un impianto jazzistico di tutto rispetto, innestato dentro la migliore tradizione del jazz francese (vedi la lezione di Richard Galliano e Michel Portal) ma con forti debiti anche alla musica di Monk. Vincent Peirani ha una tecnica raffinata e con il gruppo ha una intesa perfetta.

A cominciare dal fedele Emile Parisien che suona il sax soprano con una particolare intensità melodica, ricca di pathos e di blues. Una musica avvolgente e sempre sospesa tra passato e presente, fatta di stop and go a togliere il respiro. E anche un bel set elettrico grazie all’ottimo Julien Hernè al basso e Tony Paeleman al Fender Rhodes e ai vari effetti. Il tutto supportato dal drumming preciso e muscolare di Yoann Serra. Un concerto di bell’impatto e sorprendente per l’amalgama di timbri e ritmi. Negli originals come nelle cover. Da “ Some Monk” a “Dream Brother” di Jeff Buckley. Sugello di lusso finale una superba “Dancers in love” di Duke Ellington, un celebre tune del Duca, composto nel 1944 che Peirani e compagni eseguono in un modo innovativo e coinvolgente.

Prima dei francesi è stato il turno dei danesi. Cioè di Jesper Boldisen, contrabbasso e Morten Lund alla batteria. Con loro Stefano Bollani al piano, a cui grande parte del brulicante pubblico ha tributato una accoglienza da star televisiva. E l’ìntrattenitore protagonista di “Sostiene Bollani” il programma musicale della Rai dove il pianista ha praticamente carta bianca non delude i suoi fans che dall’esuberante pianista si aspettano come sempre musica e spettacolo. Bollani attinge al suo repertorio di gags e trovate che mandano in solluchero i fedelissimi. L’intesa tra i tre musicisti è a prova di bomba e il set dipana agevolmente il filo di una prestazione più che collaudata. Niente scossoni, ma un live che va avanti a memoria. Bollani si alterna dal piano alle tastiere di un piano elettrico costruendo effetti speciali che i due danesi consolidano in modo ritmico.

A proposito di freschezza da segnalare, sempre nella serata di sabato al Centro Laber, la bella performance dei sassaresi Apollo Beat, orchestra vivace che rincorre con buone soluzioni live l’immaginario musicale dei Sessanta-Settanta dalle colonne sonore dei polizieschi italiani di serie B costruendo una lounge colorata e fatta apposta per ballare.

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