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cambiamenti climatici

Invasione tropicale, nel mare di Tavolara spunta il pesce chirurgo

di Alessandro Pirina
Invasione tropicale, nel mare di Tavolara spunta il pesce chirurgo

A sorpresa è stata avvistata e fotografata la specie che di solito nuota nei mari molto più caldi. L’allarme del direttore dell’Area marina protetta Augusto Navone: segnale da non sottovalutare

11 agosto 2015
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OLBIA. Si aggira nei fondali dell’area marina, interagisce con i pesci del posto e grazie ai suoi colori accesissimi attira l’attenzione dei sub che lo incontrano. Il parco di Tavolara si è arricchito di un nuovo ospite che arriva da molto lontano, il pesce chirurgo, comune negli oceani Indiano e Pacifico. Un ospite, che però non è poi così gradito nelle acque della Amp. La sua presenza, infatti, è figlia della tropicalizzazione del Mediterraneo, di quei cambiamenti climatici che enormi danni stanno creando all’ecosistema.

L’eccezionale ritrovamento è opera di Luana Magnani, la co-titolare del Porto San Paolo Diving Center, che nei giorni scorsi, durante una immersione subacquea, si è imbattuta in una delle 81 specie di pesce chirurgo, probabilmente la Acanthurus coeruleus, comune nei mari tropicali ma assolutamente inconsueta nel Mediterraneo. In precedenza un esemplare era stato rinvenuto nelle acque di Cipro.

Surriscaldamento delle acque. La presenza di Carletto - così è stato ribattezzato l’inusuale frequentatore dei fondali di Tavolara -, per quanto affascinante, desta molto preoccupazione in chi il mare lo conosce bene. «Questo rinvenimento – sostiene Paolo Guidetti, docente di Ecologia all’Università di Nizza, Sophia Antipolis e collaboratore dell’Amp di Tavolara – si inserisce all’interno di un quadro più generale, relativo ai cambiamenti climatici e al riscaldamento delle acque marine nel Mediterraneo, ormai invaso da centinaia di specie aliene. È un evento eccezionale che necessita una analisi approfondita delle cause di queste introduzioni che in alcuni casi divengono invasive, producendo danni agli ecosistemi marini».

«Quando ho visto il pesce non volevo credere ai miei occhi – aggiunge Augusto Navone, direttore dell’Area marina protetta –. Sono sceso sott’acqua e mi sembrava di essere all’interno di un acquario in cui un pesce tropicale interagiva, danzava con i pesci del Mediterraneo. Sicuramente un bellissimo spettacolo ma la scienza ci dice che si tratta di un evento molto pericoloso. Il surriscaldamento delle acque non è un allarme da sottovalutare, non è una questione che va liquidata con indifferenza e superficialità».

Allarme mucillagini. In queste ultime settimane il perdurare di condizioni di stasi meteo marina, associate all’ondata di caldo eccezionale, sta mettendo a dura prova alcune specie marine all’interno della stessa Area marina - sono stati notati dei principi di moria di gorgonie alla secca del Papa - e stanno favorendo la proliferazione dell’alga Crysopheum taylori, produttrice di mucillagine.

Il raddoppio di Suez. «Tutti questi eventi legati ai cambiamenti climatici in corso – spiega Navone – rappresentano una forte insidia per la biodiversità mediterranea, potenzialmente ancora più minacciata dal raddoppi del canale di Suez che comporterà un ulteriore approvvigionamento di specie tropicali nel Mare nostrum». In realtà, la tropicalizzazione del Mediterraneo ha avuto inizio 150 anni fa, quando fu inaugurato Suez, ma era raro che determinate specie arrivassero fino alla Sardegna.

«Le migrazioni ci sono sempre state, non sono una questione di oggi – spiega ancora Navone –, ma a un certo punto i pesci si bloccavano. Oggi non è più così, il surriscaldamento globale ha fatto sì che il pesce tropicale non solo possa raggiungere il Mediterraneo, ma vi si possa addirittura stabilire. Questi fenomeni sono monitorati dalla Amp per accrescere il livello di conoscenza, ma i rimedi sono solo ipotizzabili su larga scala attraverso il contenimento delle emissioni in atmosfera».

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