La Nuova Sardegna

l’inchiesta

Poligono di Capo Frasca, bestie macellate a colpi di mazza

di Mauro Lissia
Poligono di Capo Frasca, bestie macellate a colpi di mazza

Sotto accusa la cooperativa Sant’Antonio di Santadi che aveva in concessione un terreno di 400 ettari all’interno dell’area militare

08 agosto 2015
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CAGLIARI. Lo scorso 10 luglio l’allarme lanciato da Mauro Pili, leader di Unidos, con un’interrogazione indignata al ministro della Difesa Roberta Pinotti: «Stanno cacciando i pastori dall’area militare di Capo Frasca, la situazione è di una gravità inaudita, via alla transumanza forzosa per trecento bovini, mille pecore e venti cavalli». Due settimane dopo, con le mandrie che tardavano a lasciare il poligono, la precisazione dei vertici militari: nessuna cacciata, solo un avvicendamento programmato tra la cooperativa Sant’Antonio di Santadi e un altro allevatore che subentra nella concessione.

Luglio è passato e agosto porta una ricostruzione molto diversa dei fatti, contenuta negli atti di un procedimento penale in corso: autorizzata in base a una concessione scaduta nel 2003 al pascolo e allo sfalcio dell’erba su un’area di 400 ettari all’interno del poligono, la cooperativa di Santadi aveva messo in piedi un macello clandestino, una struttura fatiscente e priva di qualsiasi presidio igienico-sanitario dove maiali, bovini e suini sono stati ammazzati per anni a colpi di mazza, appesi con le carrucole, scuoiati e fatti a pezzi. Almeno in alcune occasioni i resti delle carcasse sono stati buttati in un pozzo di epoca romana per evitare le spese dello smaltimento previsto dalla legge. Il tutto praticamente sotto gli occhi delle autorità militari che anzichè vigilare, denunciare ma soprattutto imporre il rispetto del contratto di concessione avrebbero - come sostiene la polizia giudiziaria - chiuso un occhio in cambio di maialetti e carne bovina. Uno scambio riservato, compiuto all’interno dei limiti invalicabili della zona militare.

Accertamenti. Non si tratta di ipotesi investigative: l’attività illegale, compreso l’intero ciclo della macellazione abusiva, è documentata in tre filmati amatoriali girati nel 2004 da un concorrente della Coop che sono stati esaminati con la massima attenzione dalla polizia giudiziaria e in base ai quali, con la conferma di altre prove, il gip Giorgio Altieri ha ordinato alla Procura di formulare nei confronti di Alberto Puddu (75 anni) di Ulassai, il presidente della cooperativa difesa da Mauro Pili l’imputazione di gestione di rifiuti non autorizzata, il solo reato fra quelli contestati inizialmente che risulta ancora salvo dalla prescrizione. Una decisione opposta alle conclusioni del pm Gaetano Porcu, che aveva chiesto l’archiviazione del procedimento.

Controlli. Ma non è finita: il giudice ha disposto nuove indagini sulla posizione dei pubblici ufficiali, i militari del poligono, mirate «sulla regolarità delle gare per l’affidamento delle strutture agropastorali» e «sull’omessa denuncia di reati che sulla base di documenti acquisiti appaiono commessi in modo palese, l’abbandono di rifiuti, l’edificazione di strutture abusive e la macellazione clandestina». C’è un verbale elaborato il 21 ottobre 2011 dove il macello viene confermato, così come i resti di un bue in fondo a un pozzo e la presenza all’interno dell’area demaniale di persone non identificate ma autorizzate a entrare nel poligono in auto, cui gli allevatori della cooperativa consegnano maialetti e carne bovina.

Documenti. Scrive la polizia giudiziaria in un altro verbale datato 29 agosto 2011: «È palese che i conducenti delle autovetture in attesa della consegna siano persone che lavorano all’interno della base. Quindi, oltre a essere a conoscenza che all’interno dell’area affidata alla cooperativa veniva effettuata la macellazione abusiva, beneficiavano del prodotto». Aggiunge l’investigatore: «In base alle immagini registrate non si evidenziano passaggi di denaro, quindi si potrebbe affermare che il prodotto sia il compenso per il silenzio sull’irregolarità commessa dalla Coop Sant’Antonio».

Aeronautica. C’è infine un passaggio dell’ordinanza firmata dal gip Altieri che spiega le ragioni dell’avvicendamento tra allevatori annunciato dai vertici dell’Aviazione militare: «Resta da valutare - scrive il magistrato - a quale titolo la Sant’Antonio continui a tutt’oggi a occupare l’area». Lo scorso 4 giugno, con un ritardo di dodici anni sulla scadenza stabilita, il Comando dell’Aeronautica ha aggiudicato la nuova concessione por lo sfalcio erba e il pascolo all’associazione temporanea di imprese rappresentata da Francesco Atzeni e ha ordinato alla Coop di riconsegnare i terreni.

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