La Nuova Sardegna

L’accusa: un sistema collaudato

di Simonetta Selloni

L’ex sindaco di Borore Tore Ghisu e le altre 4 persone finite nell’inchiesta non hanno risposto al gip

21 luglio 2015
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ORISTANO. La strategia del silenzio sembra la linea comune scelta dagli indagati nell’ambito dell’inchiesta Hazzard, su appalti e lavori pubblici, condotta dalla Procura della Repubblica di Oristano. Ieri davanti al gip Silvia Palmas erano previsti gli interrogatori di garanzia delle cinque persone destinatarie dei provvedimenti cautelari: il sindaco di Borore Salvatore Ghisu, o meglio ex sindaco, dimessosi dopo il ciclone giudiziario, e l’ex primo cittadino di Noragugume Michele Corda, agli arresti domiciliari; l’ingegenere Marco Contini, di Macomer, capo dell’Ufficio tecnico del comune di Borore, al quale è stata applicata la misura del divieto di dimora a Borore, stesso provvedimento adottato per Antonio Contini, ingegnere ed ex vicesindaco del comune di Borore; quindi, Giuseppe Mura, segretario comunale di Borore e dell’Unione dei Comuni del Marghine, che non può mettere piede nei comuni di Borore e Macomer. Sono difesi dagli avvocati Gianfranco Siuni (Ghisu e Marco Contini), Piero Franceschi (Mura), Massimo Delogu (Antonio Contini) e Massimiliano Ravenna (Corda).

Gli interrogatori. Tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, in attesa che i loro legali possano prendere visione degli atti, per ora secretati, e accessibili solo dopo la richiesta di riesame. Per Salvatore Ghisu, l’avvocato Siuni ha chiesto la revoca della misura cautelare. Mentre l’incarico del segretario comunale di Borore scadrà dall’incarico scadrà il 31 luglio. Nessun interesse, dunque, a rispondere.

Tre richieste d’arresto. Ma davanti all’ufficio del sostituto procuratore Armando Mammone, titolare dell’inchiesta, nei prossimi giorni si annuncia la fila degli indagati. Molti hanno già chiesto di chiarire le loro posizioni. Il magistrato inquirente in realtà aveva chiesto tre misure cautelari in carcere: per Ghisu e Corda, ma anche per Renato Deriu, ingegnere con studio a Selargius, ritenuto uno dei prestanome di Corda. Le accuse riguardano, a vario titolo, il falso materiale e ideologico commesso da pubblico ufficiale, concorso in peculato e in turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, concorso in frode nelle pubbliche forniture. Il gip Silvia Palmas ha deciso diversamente: domiciliari per i primi due, nessun provvedimento per Deriu.

Il piano copiato. Che a Borore ci fosse il mare non lo sapevano in molti. Ma emerge dal Piano economico e regolamento d’uso dei pascoli dei terreni comunali di Borore, a Montagna S. Antonio. Questo piano, la cui elaborazione era stata affidata all’agronomo di Cagliari Maruzio Cherchi (anche lui indagato), depositato con grande ritardo (201 giorni) rispetto ai termini stabiliti, era risultato, scrive il Gip Palmas, essere copia identica di un piano presentato al comune di Sinnai. Non era in sella l’amministrazione Ghisu, ma le anomalie le aveva notate l’allora responsabile dell’ufficio tecnico del Comune, Fabrizia Sanna; prima che la guida dell’Ufficio fosse passata sotto il sindaco Ghisu. L’agronomo premeva per ottenere il compenso che non gli era stato corrisposto, l’allora dirigente nicchiava. «Il piano presentava anomalie, parlava di colline e mari, paesaggi incompatibili con l’altopiano di Abbasanta», ha spiegato agli inquirenti l’ingegnere Fabrizia Sanna. Peraltro comunicando a Cherchi tutte le perplessità.

L’escamotage. Siamo nel 2010, l’ingegnere Sanna termina il suo rapporto con l’amministrazione di Borore. Nel 2011 diventa responsabile dell’Ufficio tecnico Marco Contini, che chiede agli uffici di predisporre la liquidazione all’agronomo che nel frattempo aveva avviato una controversia. Ma c’era un problema: Cherchi non aveva il certificato di regolarità contributiva, e questo elemento, unito ai ritardi che svincolavano, per legge, l’amministrazione, impediva il pagamento. Ostacolo aggirato: «Marco Contini aveva proposto di retrodatare l’atto di liquidazione al 31.12.2010, di modo che quell’atto venisse firmato dal sindaco Ghisu che a quel tempo ricopriva il ruolo di responsabile del servizio tecnico». E così si fece, per una somma ridimensionata (tremila euro). Con attestazione di regolarità contributiva dell’agronomo.

Gli incarichi. Il vicesindaco di Borore Antonio Contini, ingegnere, secondo le accuse riusciva comunque a prendere incarichi dal Comune che amministrava. Come? Utilizzando, dice l’accusa, un prestanome, l’ingegnere Stefano Maoddi. Lo documentano diverse intercettazioni. In una del 4 marzo 2015, il sindaco Ghisu, per convincere un professionista a candidarsi per la sua lista (elezioni imminenti), spiega senza troppi giri che la sua eventuale presenza nell’amministrazione non avrebbe costituito un ostacolo per incarichi. E cita, senza mezzi termini, il meccanismo utilizzato dal vicesindaco Contini. All’ingegner Maoddi vennero affidati di 4 incarichi.

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