La Nuova Sardegna

I contributi alla fondazione creata ad hoc

di Valeria Gianoglio
I contributi alla fondazione creata ad hoc

Quattro indagati per l’affidamento del sistema museale del Marghine alla Promotea: un finanziamento di 371mila euro

21 luglio 2015
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MACOMER. C’è l’intero progetto di un sistema museale del Marghine e i suoi tormentati risvolti di appalti, consulenze e poco più di 371mila euro di contributi pubblici che per l’accusa sarebbero stati percepiti in modo indebito, dietro la nascita dell’inchiesta giudiziaria “Hazzard” che in questi giorni ha travolto il sindaco di Borore, Tore Ghisu, e qualche componente della vecchia giunta comunale. Un progetto molto complesso che nell’estate del 2014, dopo qualche mese di indagini discrete e silenziose, emerge dagli anditi della Procura di Oristano, e diventa pubblico quando i carabinieri si presentano negli uffici di una cooperativa che gestisce i siti archeologici di Macomer, la cooperativa Esedra, e mettono sotto sequestro alcuni computer. È il primo atto manifesto dell’indagine che ha dato vita anche all’inchiesta Hazzard. Il primo atto di un fascicolo della Procura per l’ipotesi di reato di turbativa d’asta, approdato una ventina di giorni fa in tre avvisi di chiusura indagine notificati a Roberto Concas, 63 anni, consulente di Cagliari, Giovanni Antonio Biccai, 56 anni, di Sindia, ex assessore alla Cultura del Comune di Macomer, Rossana Muroni, di Macomer, presidente della fondazione Promotea. Mentre Sergio Muroni, fratello di Rossana Muroni, e presidente della cooperativa Esedra, risulta indagato non per la presunta turbativa d’asta, ma per una vicenda comunque legata alla questione del sistema museale. Secondo l’accusa, Muroni aveva accusato di calunnia Isabelle Paschina, una archeologa che su internet aveva sollevato diversi dubbi circa l’affidamento, da parte del Comune di Macomer, della gestione del sistema integrato museale, il Simm, e del museo del pane di Borore. Secondo l’accusa, i tre indagati Concas, Biccai e Rossana Muroni, si erano accordati per fare in modo che la giunta di Macomer, nel 2009, scegliesse la forma della “fondazione” per gestire il sistema museale. Sempre stando all’inchiesta, i tre avevano «turbato il procedimento per la scelta del contraente a cui affidare la gestione dei beni museali, al fine di assicurare alla Muroni che ne aveva la gestione attraverso la società Esedra, di continuare a percepire i contributi pubblici. La scelta della fondazione, insomma, come forma che avrebbe gestito i musei della zona, stando alle ipotesi formulate dalla Procura di Oristano, con il pm Armando Mammone, «era stata prescelta dalla stessa Muroni, che l’aveva suggerita a Concas, in accordo e con la mediazione di Biccai, che, quale assessore comunale competente in materia, portava la giunta comunale a indirizzare gli uffici ad adottare tale sistema di gestione». I carabinieri di Oristano ne sono convinti: pur di avere i fondi legati alla gestione del sistema museale integrato, la Muroni avrebbe «costituito appositamente una fondazione di partecipazione, denominata Promotea, costituita da familiari e presieduta dal fratello Sergio, alla quale aderiva il Comune di Macomer, che trasferiva il patrimonio immobiliare in comodato alla stessa fondazione». I fatti, spiegano i carabinieri di Oristano, «risalgono al 2012-2014. Si è stimato che la fondazione abbia percepito contributi pubblici per un ammontare complessivo pari a euro 371.538,74, mentre Concas, che aveva ricevuto dal Comune di Macomer l’incarico di redigere un progetto per la gestione integrata di un sistema museale, per l’incarico professionale svolto, risulta avere percepito la somma di euro 19mila». Concas aveva predisposto un altro progetto inerente il museo del pane di Borore, ed è stato proprio questo progetto a consentire l’apertura del fascicolo d’inchiesta dell’indagine Hazzard. «La fondazione Promotea non ha legami con l’inchiesta Hazzard – spiega l’avvocato dei fratelli Muroni, Caterina Culeddu Dore – e sia Esedra sia Prometea dimostreranno la loro innocenza in tribunale». «Non ho avuto ancora il tempo di vedere tutti gli atti – spiega Giovanni Biccai, difeso dall’avvocato Mario Gusi – per ora posso solo dire che il mio unico obiettivo è stato quello di lavorare per far crescere la realtà museale di Macomer. E il mio grande rammarico resta quello di non essere riuscito a far aprire il museo archeologico».

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