La Nuova Sardegna

Sbarcati 456 migranti: tra loro 3 neonati

di Mauro Lissia

Molte donne, malati di scabbia e ustionati, anche un cadavere. Sono stati curati e rifocillati, nella notte il trasferimento

19 luglio 2015
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CAGLIARI. Sono 456, attraverso la Libia arrivano da paesi dell’Africa dove c’è guerra e fame. Adesso sono al sicuro ma non sanno neppure dove sono sbarcati. Giovani, giovanissimi, molte donne e bambini con gli occhi di chi è passato attraverso l’inferno, sfiniti dal viaggio: «Sardegna? Cos’è Sardegna, dove si trova?» ripetono guardandosi attorno, sullo sfondo il paesaggio industriale del porto canale, container e grandi gru da carico. Non volevano l’Italia, meno che mai la Sardegna. Speravano di finire nel centro Europa, nell’opulenta Germania dove dicono che il lavoro c’è. Il caso ha voluto che una nave norvegese coinvolta nell’operazione Triton li raccogliesse a sud di Lampedusa, schiacciati l’un l’altro su un’imbarcazione che galleggiava a stento. Rischiavano di chiudere la traversata in quel cimitero infinito che è diventato il Mediterraneo: salvati e rifocillati dai marinai scandinavi, non hanno raggiunto la meta stabilita ma possono ancora sperare di arrivarci.

Chi sono. Due, malati gravi, li hanno sbarcati a Malta. Gli altri sono qui: 62 donne, 26 ragazzi, tre neonati di cui due gemelli, 360 uomini di giovane età, quattordici con le gambe ustionate per le ore trascorse sul cofano motore della barca, decine ammalati di scabbia. Sono scesi a scaglioni sulla banchina rovente del porto canale, dove la macchina organizzativa coordinata dalla Prefettura aveva allestito un’accoglienza perfetta per il quarto sbarco nel giro di pochi mesi. Il piano prevede una prima identificazione e l’esame clinico, seguiti da cibo, acqua, farmaci e qualsiasi tipo di assistenza necessaria. Era tutto pronto e secondo la Prefettura ha funzionato a puntino.

Da dove arrivano. È stata la nave Siem Pilot a raccogliere i migranti a sud di Lampedusa, mentre tentavano di raggiungere la costa dell’isola siciliana a bordo di una carretta che poteva capovolgersi da un momento all’altro. Provengono da Gambia, Nigeria, Mali, Eritrea, Senegal, Siria e da altri paesi dove la sopravvivenza è una scommessa quotidiana. Fra di loro il corpo senza vita di un ragazzo, morto chissà come nel corso di un viaggio che per lui è finito nel peggiore dei modi: sarà l’autopsia, programmata per domani al Policlinico di Monserrato, a stabilire che cosa l’ha ucciso. La nave scandinava ha attraccato alle 14.55, meno di mezz’ora dopo l’orario programmato. Subito è scattato il protocollo dell’accoglienza: prima le donne coi bambini, a seguire i malati, le donne sole e gli uomini. Uno sbarco ordinato sotto un sole micidiale, una temperatura letale che non ha certo agevolato il lavoro delle oltre duecento persone impegnate nell’operazione, tra Prefettura, Protezione civile, Croce rossa, Polizia, Carabinieri, Corpo forestale, Capitaneria, Asl 8 e un numero impressionante - e incoraggiante - di volontari delle associazioni, che si sono mobilitati sacrificando il week end più caldo di luglio per dare una mano a chi ha rischiato la vita per una speranza.

Il trasferimento. Concluso lo sbarco, è partita l’operazione di trasferimento nelle sedi di destinazione. I malati gravi andranno al reparto infettivi del Santissima Trinità, a Cagliari. Gli altri saranno condotti a bordo di bus e furgoni tra le province dell’isola, in percentuali rapportate al numero degli abitanti indicati dall’Istat. Spiega Ettore Businco, il dirigente della Prefettura che coordina l’ufficio emigrazione ma va anche sul campo: «Tecnicamente i migranti perdono lo stato di clandestini e guadagnano quello di richiedenti asilo nel momento in cui compilano il modulo della Questura». La firma di quella carta apre formalmente l’istruttoria della commissione prefettizia chiamata ad accertare lo status dei migranti: «I rifugiati possono andare dove vogliono - precisa Businco - ma possiamo dire con certezza che in Sardegna non ne resterà che una minima percentuale, non più del tre-quattro per cento. Quasi tutti neppure sanno che cosa sia la Sardegna, ce lo chiedono mentre sbarcano, non hanno la minima idea di dove si trovi. Mirano alla Germania, al centro Europa, qui non vogliono restare». La Sardegna piace ai turisti, non a chi cerca un futuro.

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