La Nuova Sardegna

Uccise il figlio: 10 anni di condanna

Uccise il figlio: 10 anni di condanna

Escolca, aveva sparato contro il ragazzo che gli chiedeva i soldi per la droga

16 luglio 2015
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CAGLIARI. Il figlio gli chiedeva soldi, sempre soldi, gli servivano per la droga. Pretese continue e liti conseguenti nella casa di famiglia a Escolca. Arrivato a ottant’anni, Ezio Murtas sapeva tenere dritta la barra della pazienza ma il 12 agosto del 2013 quel ragazzo ormai quarantenne non voleva smetterla. Le parole, le urla, infine i fatti: il vecchio Ezio ha imbracciato il fucile, il figlio gli ha lanciato addosso un pezzo di legno. Il fucile ha sparato due colpi, uno ha centrato il torace del giovane, l’altro è finito sul pavimento. Fine dello scontro: Matteo Murtas è stramazzato al suolo, esanime. Il padre è rimasto lucido, ha preso il telefono e ha chiamato il 112: «Venite, ho ammazzato mio figlio ma non volevo farlo». Pochi minuti e i carabinieri di Isili erano là, davanti a lui: il pensionato ha consegnato docilmente il fucile e ha teso i polsi. Ieri, a due anni di distanza il gup Cristina Ornano ha condannato Ezio Murtas a dieci anni e otto mesi di carcere, una pena inferiore ai dodici anni richiesti dal pm Sandro Pili perché all’imputato è stata riconosciuta - insieme allo sconto di un terzo per l’abbreviato - l’attenuante della provocazione. Soprattutto non più omicidio aggravato ma omicidio volontario con dolo eventuale, come dire l’accettazione lucida del rischio di uccidere. Ma il processo non finirà qui: il difensore Gennaro Di Michele ha sostenuto la tesi della non colpevolezza dell’imputato, che - ha detto il legale nel corso dell’arringa - non aveva alcuna intenzione di uccidere il figlio. Per una ragione che emerge dalle perizie balistiche: solo una delle rosate calibro 12 ha colpito Matteo Murtas - sette pallettoni al petto e due su un braccio - ma il colpo per la difesa è partito accidentalmente quando l’oggetto lanciato dal giovane è finito sul braccio del pensionato. Il grilletto è stato premuto per la seconda volta soltanto quando l’uno ha cercato di disarmare l’altro.

«Attendiamo le motivazioni della sentenza – ha detto l’avvocato Di Michele – e poi presenteremo appello». (m.l)

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