La Nuova Sardegna

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Comincia a Cagliari il viaggio di Cousins sulle orme di Lawrence

Fabio Canessa
Mark Cousins
Mark Cousins

Al Cagliari Film Festival viene presentato “6 Desires: DH Lawrence and Sardinia”. Il documentario, diretto dall’irlandese Mark Cousins, segue le orme dello scrittore David Herbert Lawrence

12 luglio 2015
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CAGLIARI. Oggi (domenica 12 luglio 2015) al Cagliari Film Festival viene presentato “6 Desires: DH Lawrence and Sardinia”. Il documentario, diretto dall’irlandese Mark Cousins, segue le orme dello scrittore David Herbert Lawrence che nel 1921 visitò l'isola e scrisse il famoso “Mare e Sardegna”. Alla proiezione, alle 21 al chiostro di San Domenico, ci sarà l'ideatrice e produttrice, di origine sarda, Laura Marcellino che ha accompagnato il regista in Sardegna durante le riprese. Cousins non potrà essere a Cagliari, ma accoglie con gioia l'invito a presentare il film ai lettori della Nuova Sardegna.

In Italia abbiamo visto il suo imponente lavoro “The Story of Film” che racconta la storia del cinema. Anche in “6 Desires” si trovano clip di grandi film. Come ha scelto gli accostamenti?

«Ho usato pezzi di film per suggerire quelle connessioni di pensiero inaspettate che abbiamo tutti nella vita di ogni giorno, che arrivano da impressioni visive. Anche dal cinema. Così ho per esempio usato Eisenstein perché pensavo all'epoca, quando Lawrence è venuto in Sardegna. E “Women in Love” di Ken Russell perché ho pensato all'interesse dello scrittore per i corpi».

La narrazione è sviluppata come un dialogo con Lawrence. Perché questa idea?

«Non volevo fare un film accademico su Lawrence. Così ho pensato a un approccio più diretto. Parlare con lui fa diventare il linguaggio che ho usato diverso. Più emotivo forse».

Leggendo “Mare e Sardegna” quali sono le cose che l'hanno colpita di più?

«La passione, la spinta a descrivere. Lawrence ha davvero guardato a fondo la Sardegna, in particolare il modo in cui la gente si vestiva e cosa mangiava, gli alberi, i mezzi di trasporto. Il suo sguardo era parziale, naturalmente. Ma la sua ricerca è così vivida».

Arrivando poi nell’isola, ha ritrovato un po’ la Sardegna dello scrittore?

«Siamo venuti negli stessi giorni del mese di gennaio del suo viaggio. Abbiamo visto le nebbie mattutine, i paesaggi con le nuvole e l'erba congelata che fuma appena il sole la colpisce. Molti degli edifici rimangono, ovviamente, e alcuni dei volti delle persone anziane sembrano quasi dei tempi di Lawrence. Gli uomini ancora si riuniscono nei caffè in via Roma a Cagliari e chiacchierano, e i rituali a Mamoiada sembrano fuori dal tempo. Al giorno d'oggi, naturalmente, quei rituali sono ripresi da turisti con macchine fotografiche giapponesi, e la modernità da cui Lawrence fuggiva è arrivata anche qui».

Il film è costruito su sei desideri che sarebbero alla base del viaggio di Lawrence in Sardegna. Lei è un grande viaggiatore, qual è il profondo “desiderio” che la spinge?

«Il desiderio di perdersi, che è anche quello che facciamo nelle sale cinematografiche. Scappare dalla routine, vedere cose nuove. Mi piace quella sensazione dell'orizzonte che si dispiega, la nuova visuale quando si gira l'angolo. Inoltre, più politicamente, sento che gli europei bianchi che parlano inglese a volte pensano di avere la cultura migliore, di essere le persone più evolute del pianeta. Quando si viaggia si è umiliati dall'ospitalità in Iran, dalla metafisica del Giappone, dall'estetica dell'Italia… Viaggiare ci permette di smettere di essere snob, di perdersi e trovare gli altri».

In Sardegna non era mai stato, cosa le è rimasto più impresso di questo viaggio nell'isola sulle orme di Lawrence?

«Gli alberi! La Sardegna ha delle grandi, meravigliose distese di alberi. E poi il rumore delle onde a Castelsardo, la vista da Nuoro all'alba. Così tante bellezze. “Mille foto a colori per gli occhi” per citare Robert Louis Stevenson».

Il Cagliari Film Festival, dove viene presentato anche il suo film, si concentra in particolare sul documentario. È il futuro del cinema?

«Il documentario è sempre stato importante per il cinema. Ci piace il glamour di Hollywood, ovviamente, ma lo sguardo indagatore, paziente del documentario dà anima e corpo al cinema. Inoltre, come i grandi cineasti iraniani e italiani hanno dimostrato, la realtà stessa è così straordinaria che film meravigliosi possono essere realizzati semplicemente guardandola intensamente».

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