La Nuova Sardegna

Arte e tradizione «Janas, storie di donne e telai»

di Angiola Bellu
Arte e tradizione «Janas, storie di donne e telai»

Il film di Giorgia Boldrini con musiche di Fresu La tessitura, mestiere ancora vivo nell’isola

18 giugno 2015
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MILANO. Una scheggia (infinita) di Sardegna raramente così ben raccontata quella del docufilm «Janas. Storie di donne, telai e tesori», proiettato in anteprima a Milano, in occasione dell’evento «Sospesi a un filo» nello spazio «Nonostantemarras» di Antonio e Patrizia Marras. L'artigiana-artista Stefania Bandinu – protagonista e voce narrante dell'opera – ne ha firmato la sceneggiatura con Giorgia Boldrini, regista e ideatrice del progetto che ha le musiche di Paolo Angeli, di Paolo Fresu e di Sonia Peana.

«Janas» è un road movie nel cuore dell'isola, alla ricerca del filo invisibile – emotivo artistico e culturale – che unisce quelli infiniti tangibili e colmi di significati dei tessuti. Il viaggio di Stefania Bandinu è un cammino esistenziale, che ha un inizio: la ricerca di un tema che ispiri la nuova collezione di gioielli dell'artista. «Disegno, creo e fabbrico con le mani gioielli che chiamo narrativi – ci spiega Bandinu – che raccontano storie. Ad un certo punto ho sentito la necessità di lavorare su un materia che parlasse della mia terra, la Sardegna, dove ho vissuto fino ai 14 anni, con cui ho mantenuto un legame molto forte. Ho cominciato a guardare i tessuti che ho considerato un testo: all’interno delle trame si leggono le storie dei luoghi: le pavoncelle, gli acini d’uva... sono motivi decorativi che hanno una storia, un’origine. Inizialmente non sapevo niente di tessitura. Raccogliere delle storie di vita era per me una cosa importantissima».

Cerca così, Bandinu, tessitrici da ascoltare, da osservare mentre lavorano: nei tessuti è scritta una storia, sempre. «La vita è già tessuto – dice Marcello Fois nel documentario, citando Maria Lai – ttessere è generare la vita». Le anime della tessitura vanno intrecciandosi nel film: «Abbiamo cercato di ascoltare, di ricevere – racconta Giorgia Boldrini – Abbiamo fatto un viaggio aperto, poi il grande lavoro della costruzione del senso con i testi di raccordo. La sequenza nel film non è la stessa che abbiamo seguito nel viaggio. Nel documentario ci siamo resi conto che abbiamo finito per costruire una linea che va dalla tradizione all'innovazione: da Chiara Vigo, il maestro ancestrale, a Carolina Melis, che ha scelto di vivere a Porto Cervo perché vuole avere un mercato per le sue opere».

« Janas» ci restituisce così il fascino zen della tessitura del bisso marino, che nasce dalle mani di Chiara Vigo, unica detentrice di quest'arte antica ed esoterica, a Sant'Antioco. «Il bisso non si compra e non si vende», dice la tessitrice. Nel suo viaggio Bandinu incontra le tessitrici di Ulassai, riunite in cooperativa, che vivono egregiamente del proprio lavoro grazie ad una geniale strategia di marketing: i turisti vanno a frotte nel loro laboratorio sperduto tra le montagne. A Villacidro c’è Veronica Usula, che ha creato un atelier femminile dove curare con la tessitura le ferite della psiche: per lei tessere è trama sociale, mistero e guarigione. Ad Alghero Tonello Mulas «Littos» usa per i suoi lavori tinture naturali e motivi tradizionali assolutamente rivisitati. La tessitura è artigianato, arte ma può essere motore economico: «E' importante il concetto di valorizzazione delle competenze legate al tessile», dice Federica Vacca, ricercatrice al Politecnico di Milano che ha allestito l’evento «Sospesi a un filo» al «Nonostantemarras». «E' necessario – aggiunge – ridare valore a queste competenze, rimetterle a sistema in una filiera contemporanea, innovare la lettura della tradizione che dia un'opportunità ai giovani creativi».

Il futuro oltre la tradizione è quanto si auspica la scrittrice Michela Murgia che racconta in Janas che cosa potrebbe essere oggi fare tessitura in Sardegna rielaborando la tradizione e mettendola a confronto con la cultura contemporanea: «Tutto quello che non cambia – dice Michela Murgia – diventa dozzinale perché non ha più legame con l'uso».

La tessitura quindi come parte di un modello di sviluppo sostenibile che valorizzi gli asset esistenti sui territori. «L'artigianato è un'arte – dice Stefania Bandinu –, un lavoro nobilissimo che tocca corde emotive importanti e che può creare ricchezza. Ma oggi, per inconsapevolezza, si preferisce magari stare dietro un monitor».

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