La Nuova Sardegna

Olbia, arrivano 10 migranti «Ma per loro non c’è posto»

di Serena Lullia
Olbia, arrivano 10 migranti «Ma per loro non c’è posto»

In fuga dai centri di accoglienza sperano di poter ripartire per la penisola Il sindaco: «Non abbiamo centri autorizzati di ricovero». Scoppia la polemica

04 giugno 2015
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OLBIA. La solidarietà come risposta alla disperazione dei migranti. Cerotti sulle falle della legge. La mano tesa del Comune a chi fugge dalla guerra e dalla miseria rischia di mandare in tilt la città. Una decina di migranti da giorni è intrappolata nel limbo della burocrazia. Nessun ente sembra avere competenza sul loro destino. Non hanno i documenti per imbarcarsi sulle navi per la penisola. Ma non vogliono farsi identificare per paura di restare prigionieri della Sardegna. Senza informazioni sulla loro storia nessuno sembra poter fare qualcosa. I profughi mangiano nella struttura comunale di via Canova. Ma è il posto in cui passare la notte l'incognita quotidiana. Il dormitorio non può accoglierli perché non accreditato per emergenze di questo tipo. Il buon cuore di don Andrea Raffatellu li ospita nelle aule dell'oratorio della Sacra Famiglia.

La storia. Sono sbarcati a Cagliari insieme ad altri 800 disperati dopo aver respirato un mese di deserto a piedi per arrivare in Libia. Arrivati nel capoluogo cagliaritano sono stati destinati ai centri di accoglienza dell'isola. Ma non tutti entrano nelle strutture. Come gli otto, tra eritrei e somali, arrivati a Olbia. Loro hanno scelto di non farsi identificare, operazione che li terrebbe incatenati alla Sardegna. Considerano l’isola solo una tappa del viaggio. La loro terra promessa è oltre il mare, Roma, poi l'Europa. Ecco perché sono saliti su un treno da Cagliari in direzione Olbia. Sono arrivati affamati, sfiniti. Il sindaco Gianni Giovannelli e l'assessore Ivana Russu gestiscono una situazione che rischia di diventare emergenza.

Le ombre della legge. Olbia non ha centri di accoglienza autorizzati. «Tocchiamo con mano i problemi legati alla gestione di questo problema e al mal funzionamento della macchina dell'assistenza – spiega Giovannelli –. Queste persone non vogliono restare in Sardegna. Vogliono prendere una nave e raggiungere Roma per poi andare nel resto d'Europa. Ma dal momento in cui vengono destinati ai Centri di accoglienza fanno perdere le loro tracce. Non hanno documenti, danno pochissime informazioni su di loro. C’è un doppio problema, sanitario e di sicurezza». Il sindaco è in contatto diretto con il questore e il prefetto. «Mi sono lamentato con entrambi perché, al di là dello spontaneismo, del buon cuore del Comune e del volontariato che si è attivato per dare da mangiare a queste persone noi sindaci veniamo lasciati soli – aggiunge –. La burocrazia e la legge non ci danno gli strumenti per fare fronte a queste emergenze, e quando parlo di strumenti intendo anche risorse economiche».

La paura dell'assalto. Nessun timore per l’esercizio di bontà verso il prossimo. Giovannelli ha un passato nel mondo del volontariato e conosce bene il valore della solidarietà. Ma sa anche bene che l'assistenza da sola non può bastare. «Non abbiamo strutture idonee per ospitare i migranti – aggiunge –. Il nostro dormitorio è saturo e non è accreditato come struttura di accoglienza. Queste persone sfuggono a ogni controllo. Ma sono esseri umani a cui si deve dare assistenza. Sempre in regime di volontariato ieri mattina alcuni di loro sono stati visitati. Con questore e prefetto stiamo cercando di convincerli a farsi identificare».

La polemica. Subito è scattata la polemica. L’ex governatore Ugo Cappellacci ha chiesto che il presidente Francesco Pigliaru riferisca in aula sull’emergenza. Indiretta la risposta del governatore: «L'immigrazione è un tema su cui dobbiamo fare una lobby virtuosa per convincere l'Europa. In Sardegna abbiamo avuto l'arrivo di oltre 800 migranti, senza preavviso. Non si può andare avanti così. Serve un meccanismo di redistribuzione».

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