La Nuova Sardegna

L’isola fa sentire la sua voce: lo studio è un diritto, giù le mani

di Stefano Ambu

A Cagliari, una delle piazze scelte per la protesta, scolaresche e insegnanti da tutte le province Dai sindacati un appello al governatore Pigliaru: qui il sistema è nel caos, lo dica al ministro

06 maggio 2015
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CAGLIARI. No, la buona scuola di Renzi non piace. Chi ci lavora, maestri, professori, amministrativi e personale Ata teme che la riforma del Governo sia una mossa per finire dalla padella nella brace. Paura dei superpoteri del dirigente scolastico. E terrore che le risorse per l'istruzione siano sempre meno. E gli studenti? Loro sentono puzza di bruciato. E anche se maggio non è il mese degli scioperi, ma delle interrogazioni e delle sfacchinate sui libri in vista del traguardo sempre più vicino, hanno disertato le scuole. In alcune non c'era proprio nessuno: cancelli chiusi, serrande abbassate. Inutile suonare il citofono, insomma. Dentro, nemmeno un'anima. A Cagliari, una delle piazze nazionali della protesta, come nel resto dell’isola. Molti genitori che hanno accompagnato i figli hanno dovuto fare dietrofront. Scuole vuote o semi deserte. E strade piene.

Tutti in piazza. Alle 9.30, mentre in molti istituti la campanella suonava invano, cominciava la protesta. Con i cartelloni degli studenti del Michelangelo, del Pacinotti e di tante altre scuole e degli istituti comprensivi. E con i sindacati in prima fila in mezzo a una marea di bandiere biancoverdi (Cisl), rosse (Cgil e Cobas), gialle (Gilda) e azzurre (Uil). Il messaggio lo hanno lanciato sinteticamente e a modo loro gli studenti. "Vogliamo- si leggeva in uno striscione- una scuola #buona x davvero)". Oltre cinquemila persone alla partenza. Ma poi gli organizzatori hanno parlato di ventimila partecipanti. Una festa di rabbia sì. Ma senza incidenti e tensioni. Tante persone, arrivate anche da lontano: Samugheo, Oristano, Sassari. Con messaggi molto chiari. "Non vi votiamo più. E siamo in tanti". Molto rumore: fischietti, ma anche trombe, tamburi e una chitarra. Quelli che fanno più chiasso naturalmente sono stati gli studenti: slogan, salti, piccole corse in avanti. Un corteo lunghissimo che ha attraversato tutto il centro passando per via Dante, via Paoli, via Sonnino, via Roma.

L’appello alla Regione. Lì, davanti al Consiglio regionale, i sindacati hanno lanciato un sos al presidente della Regione Francesco Pigliaru. «Rappresenti- hanno detto rivolti alle finestre del palazzo- al ministro dell'Istruzione la situazione della scuola sarda». Poi avanti sino a raggiungere piazza del Carmine. Colonna sonora: le canzoni di Fabrizio De Andrè, Edoardo Bennato, Fiorella Mannoia e Modena City Ramblers.

Lo studente. Sotto il palco, a fine mattinata, un'ovazione dopo le parole di uno studente. «Abbiamo combattuto la Gelmini nel 2008 – ha detto Carlo Sanna – e ora dopo quindici anni ci ritroviamo un governo che propone una riforma in cui non si parla di diritto allo studio. Dove non c'è diritto allo studio non c'è giustizia. C'è solo disparità tra chi riesce e non riesce a ultimare gli studi. La vera buona scuola è questa piazza».

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