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«Diritti umani e disagio mentale: no alle pratiche violente»

di EUGENIO BORGNA
«Diritti umani e disagio mentale: no alle pratiche violente»

A Sassari la presentazione di “E tu slegalo subito”. I tre anni a Cagliari di Giovanna Del Giudice

05 maggio 2015
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di EUGENIO BORGNA

Il libro, straziante e bellissimo, di Giovanna Del Giudice, percorso da una straordinaria passione della dignità umana, e da una sconvolgente descrizione di fatti che crudelmente la lacerano, si confronta con la questione radicale della contenzione in psichiatria nella quale è in gioco la dignità dei pazienti. Intitolato “E tu slegalo subito. Sulla contenzione in psichiatria” (Alpha & Beta, 336 pagine, 16 euro), il libro si articola in due parti, una legata all’altra. Nella prima sono descritte le vicende che, a Cagliari, hanno portato alla morte un paziente in contenzione, e alla conseguente lotta contro questa inumana modalità di venire incontro alla agitazione di alcuni pazienti; nella seconda sono svolte considerazioni radicali su quella che è stata la abituale applicazione della contenzione nella psichiatria manicomiale italiana, e su quella che ne è oggi la situazione in una psichiatria che non si è ancora liberata da questa violenza.

Sulla scia delle linee tematiche del libro vorrei svolgere qualche considerazione su questa terribile esperienza che si fa fatica anche solo a commentare. Certo, la contenzione non costa nulla, non ha bisogno di assistenza, ma il dolore e l'angoscia, la perdita di ogni libertà e di ogni relazione, sono in essa inenarrabili. Nell'area di una psichiatria indifferente ai valori della interiorità, e incentrata esclusivamente sulle terapie farmacologiche, rinasce nondimeno ogni volta la tentazione di utilizzare la contenzione senza farsi tante domande sulla sua frantumata fondazione etica.

Sono diverse le forme di contenzione: quella psicologica, quella farmacologica, quella architettonica e quella, in ogni caso e in ogni momento, radicalmente intollerabile che è la contenzione fisica, e che, nel suo profilo oggettivo (lo ha detto in una sua relazione a un convegno, tenutosi in Svizzera nel 2010, Marco Borghi, ordinario di diritto costituzionale alla Università di Friburgo), si configura come una forma di tortura in flagrante violazione dei fondamentali diritti umani.

La contenzione frantuma ogni dimensione relazionale della cura, e fa ulteriormente soffrire esistenze lacerate dal dolore, e dall'isolamento; e la contenzione scende come lacerante ghigliottina sulla loro vita psichica: ricolma di sensibilità e di fragilità, di nostalgia della vita e della morte.

L'aggressività psicotica è un fenomeno stratificato e complesso, ma non è possibile conoscerne fino in fondo i modelli di insorgenza e di evoluzione se non si ricercano le sue fondazioni relazionali; non dimenticando che l'aggressività psicotica e l'agitazione psicotica sono condizionate dalla nostra incapacità a entrare in relazione con i modi di essere e di comportarsi dei pazienti. Ci sono del resto pazienti che delirano, e sono aggressivi, nei confronti di alcuni medici, e non mai di altri: cosa, anche questa, che fa pensare alla decisiva importanza della relazione in psichiatria. Le mie considerazioni rinascono dalla lettura di questo libro che psichiatri, e non psichiatri, ma anche politici, dovrebbero leggere se si vogliono conoscere quanta indifferenza, e quanta violenza mascherata, possano ancora oggi avvolgere la vita di chi abbia a vivere le stagioni dolorose della malattia, e chieda un aiuto non solo tecnico ma umano. Un libro di straordinaria importanza nel fare conoscere le sorgenti della violenza in psichiatria, e i modi con cui superarla nel rispetto della dignità e della libertà dei pazienti.

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